Fatacarabina

Fatacarabina

domenica 27 gennaio 2013

Lo spicchio di mela

Io le mele non le compero mai.
E' come con le uova, anche quelle non le compero mai.
Le uova proprio non fanno parte della mia dieta, le mangio una volta al mese, non mi ricordo mai che esistono le uova, servono solo per fare i dolci e io quelli non li faccio quasi mai, perché non sono brava.
Ma le mele.

Cotte le mangio solo se sono fredde, con tantissima cannella, e soprattutto se non sono state cucinate nella mia cucina, che quell'odore, di pomi cotti, mi ricorda l'asilo e la madre superiora che mi sopportò un solo giorno all'asilo, che diceva, la pinguina, che io non stavo mai ferma. Mai.
Non mi mandò via lei, mi tenne a casa mia mamma.
La scelta giusta.

Crude le mele le mangio, ma non le compero.
Perché le mangio solo quando sono seduta a tavola al fianco di mio padre.
Lui, a fine pasto, mangia sempre una mela. Meglio se verde o gialla.
E fin da piccola, lui fa così: taglia uno spicchio di mela, toglie la buccia e me lo mette davanti, sulla tovaglia.
E io mangio la mela, buonissima oh la mela.
Mangio la mela  solo se a pulirla è mio padre.
Gliel'ho fatto notare, qualche giorno fa, questo fatto che io le mele, solo se me le porge lui, le mangio.
Lui ha borbottato qualcosa, che è un omone sempre orso, lui e non sbaciucchia mai.
Ha borbottato e poi ha parlato d'altro. Di politica, credo.
Oggi a pranzo mi ha messo davanti lo spicchio e quando l'ho guardato mi ha fatto l'occhiolino.
Vi assicuro, le mele sono buonissime.

giovedì 24 gennaio 2013

Piccole ammissioni

Un amico mi chiede cosa mi attira in un uomo.

Risposta: il suo modo di ascoltarmi, il suo sguardo stupito sul mondo, l'intelligenza e il culo.
Sentenza: non un tipo facile da trovare.

mercoledì 23 gennaio 2013

Segreti

Ho fatto una cosa di cui sentivo proprio il bisogno.
Una cosa che non so assolutamente che cosa può aver prodotto. Anzi, credo non produrrà nulla. Ma l'ho fatta, perché ne sentivo il bisogno.
Avevo bisogno di una certezza lunga pochi secondi.

martedì 22 gennaio 2013

Risvegli

Mi sono alzata presto, prima del solito.
Forse è questo il motivo per cui continuo a ripetermi che alla fine tutta questa mediocrità mi farà malissimo.
Non ricordo cosa ho sognato, ma se la parola del mio risveglio è mediocrità, mi sa che, in realtà, non ho chiuso occhio.

domenica 20 gennaio 2013

La semplicità


Dialogo tra donna e uomo


D - Si dice che gli uomini abbiano una maggiore facilità nel dimenticare
U - Non so, per me è stato "facile" solo quando non mi interessava più
D - Ecco

sabato 19 gennaio 2013

Qui

Più che un hotel, questa è una vecchia pensione, di quelle semplici, con poche stanze ma che odorano di pulito. Quindi, pensavo, visto che questa è una vecchia pensione, come è un poco il mio modo di essere, se qualcuno vuole una stanza e ci vuole scrivere dentro o sfogarsi o urlare o stare in silenzio, me lo dica...

V

(grazie a Jelena e Baruz)

giovedì 17 gennaio 2013

Che pizza

Sarà che ieri sera faceva il freddo mondo e il vento era un mondo gelido e solo al caldo della pizzeria si stava bene, a ridere e a pensare al domani, che domani?, boh ma pensiamoci a questo domani e si progettava un viaggetto, lì al caldo e al speziato.
Sarà che quando sono entrata mi han detto che ho i capelli belli, da comunista, ma belli proprio.
Sarà che poi sotto la neve, poca e meglio così che è poca, faceva di nuovo voglia di piumone e cuccia, fatto è che sono finita a sognare il mio pizzaiolo di fiducia che mi impastava come solo la madre comprende.
Capitano sogni così che poi ci ripensi e ridi.
Ma non lo dico né a lui, il pizzaiolo, che tanto qui non legge, né alla mia di madre che tanto sa che sono strana.
Poi stamattina mi è arrivato un sms della Lindalov.

mercoledì 16 gennaio 2013

Bel posto

E niente, io vivo proprio in un bel posto. Sono andata al negozio di una nota azienda di telefonia a cambiare il modem. Solo che ci sono andata con una settimana di ritardo e quindi la pratica me la avevano chiusa senza dirmi niente e insomma ho chiamato il call center dal negozio e mentre aspettavo che l'operatore mi riaprisse la pratica, lui, l'operatore prima, stupito dal mio nome, mi ha chiesto se ero italiana. Io gli ho risposto si, sono italiana, ma gli ho anche detto che anche se ero straniera non cambiava niente.
 Gliel'ho detto così, per giocare , che l'operatore era un tipo simpatico. Uno che gli dici appena comincia la conversazione che lo senti basso, il volume, e ti risponde che lui in effetti, non è alto, insomma, e' simpatico.
Lui l'operatore, dopo, mentre si aspettava che il computer elaborasse la pratica, mi ha detto che è calabrese e mi ha chiesto, in qualità di veneta, se ero razzista. Io, stupita, e infastidita, gli ho fatto notare che Venezia non è mica il Veneto e anche se lui ha parenti trevigiani che non amano molto i meridionali, lo so perché me lo ha raccontato lui, beh ecco io razzista, proprio no, ma no!
E l'operatore ridacchiava nell'attesa e io ridacchiavo che nel frattempo al bancone del negozio, con l'orecchio occupato ad aspettare che la pratica fosse evasa, ho scoperto prima che l'addetto di sinistra era un mio compagno di liceo e poi che la signorina addetta alla mia pratica, leggendo il mio nome sul foglio, si è messa a ridere e mi ha detto che lei mi conosce, che commentiamo la stessa amica su Facebook. E si rideva tutti, operatore in ascolto compreso.

Questo post

In realtà vorrei dire altre cose. Magari vorrei che le parole, se sapessi dirle, producessero una azione.
Ma non ci sarà azione, e le parole me le hanno fatte sparire da sotto il naso, come se non avessero significato e, peggio, come se non le avessi dette, e la reazione sarebbe un fastidio, un brufolo sulla punta del naso che non puoi nascondere e produce solo un misto di vergogna e pus che esce, io non dico quello che vorrei dire, e scrivo di  altro, scrivo di niente, perché scrivere di niente è dare rispetto a parole che non escono, ad azioni che non scattano, è un modo semplice di dire qualcosa di profondo, di definitivo, di profondamente privato come solo uno sbottante "va-in-mona-va" sa essere.

venerdì 11 gennaio 2013

A lui, no, non glielo dico

"quel che conta ce lo abbiamo dentro alle mutande, nel frigo e nel conto in banca. Il resto fanculo".
Mi ha detto proprio così un amico l'altro giorno.
Io, in verità, gli ho risposto dopo un attimo che ero andata a vedere cosa avevo dentro le mutande. 
Lui ci ha riso sopra, ha detto che non voleva sapere.
Io non gli ho detto.
Poi non ci ho pensato più, ho fatto le solite cose, quelle cose che sono un dovere e non ti senti per forza parte di un sesso, che non è necessario, a volte.
Poi non so perché il discorso mi è tornato in mente, ah sì, ho sentito la Gianna che cantava l'America e a me quella è l'unica canzone della Gianna che mi piace, che la cantavo da ragazzina e mica avevo capito cosa voleva dire, che insomma lei si stava masturbando pensando a un lui, e conduceva il suo gioco per la sua felicità. Bella cosa, questa. 
Bella cosa il cantare così la propria felicità personale e in questo caso pure condivisa. 

Mi sa che devo comporre una canzone anche io, la dedico  alla Patagonia. 


giovedì 10 gennaio 2013

Il geko disperso e i misteri dell'idraulica

Che bello che è vivere da soli, si è liberi. Si può decidere quando cenare e come, cioè se voglio mangio seduta a tavola con la tovaglia e pure la candela accesa che fa chic, se voglio mangio col tavolino seduta sul divano, in mutande e ciabatte.
Che bello che è vivere da soli, che mi leggo i libri e ascolto la musica che voglio e non sono obbligata a fare conversazione se non ho voglia.
Che bello che è vivere da soli e improvvisare una cena per gli amici alle nove e mezza di sera, con quel che c'è in frigo, e con la musica che mi pare come sottofondo.
Che bello che è vivere da soli e arrangiarsi su tutto.
Che bello che è vivere da soli e  svegliarsi senza sveglia con Arturo sotto il collo.


Però, ecco..., a volte non è bello, ci sono misteri difficili da svelare, come quando scopri all'una di notte che hai il wc intasato e te sei stata fuori casa tutto giorno e se tiri  l'acqua,  quella tracima fuori e stai lì davanti ai misteri dell'idraulica a chiederti dove cavolo è finito il geko blu. Cioè stava sulla piastrella e adesso dove se ne è andato?
Dove può andare un geko di plastica?

sabato 5 gennaio 2013

Tristezze moderne

E niente a me prende la tristezza quando mi tocca leggere o sentire giovani colleghi, convinti di essere dei sottovalutati, perché nessuno gli concede il ruolo che gli compete, quello di editorialisti, dire che le tutele sono privilegi. Punto e basta.
Anni di contrattazioni, di scioperi, di manifestazioni liquidati con l'epiteto di privilegi.
Mi prende una tristezza sottile, penso che a Marchionne e compagnia bella basterebbe sponsorizzare questi come prossimi sindacalisti per portare alla morte per cancrena, in poche settimane, delle organizzazioni sindacali.
Che, diciamocelo, hanno anche sbagliato tanto, hanno pure tutelato chi non faceva una beata minchia,  ma sono una garanzia di aiuto per quanti le tutele, ops i privilegi, manco sanno cosa sono visto che lavorano non dico a progetto ma a chiamata giornaliera.
Oggi lavori, domani boh.

Poi un pochino mi sento di capire lo sguardo desolato di mio padre, davanti alle notizie dei tg, lui che si è fatto un mese di sciopero per avere la mensa in fabbrica, quando sono nata io.
Lui che lavorava, come tanti, in un posto dove la parola tutela significava tornare a casa vivo la sera, principalmente.
Poi mi viene in mente che le fabbriche le stanno chiudendo tutte, almeno dalle parti mie, almeno quelle grosse con tanti dipendenti. E forse facendo sparire quella che chiamavamo "classe operaia", abbiamo adesso un paese di colletti, non bianchi, direi grigetti, che ritengono così poco chic e poco moderno avere delle tutele, quando vivi nella giungla.
O no?

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