Fatacarabina

Fatacarabina

venerdì 22 giugno 2012

La valigia

Ci metto poche cose alla fine, l'essenziale, niente di elegante che tanto mica serve.
Un sacco pieno di allegria, voglia di partire e vedere, camminare.
Rilassarmi. Ridere e sonnecchiare.
Vado a caccia di nuove storie da scrivere.

Ci metto anche un sacchetto di domande, dentro la valigia.
Il suono di una risata, due occhi curiosi.
Un odore.
Ma il finale mica lo scrivo.



Baùta

 Bautta (pronuncia: "baùta"). Maschera bianca, lievemente sorridente, che non guasta, da portare con un lungo mantello nero.

I veneziani della Serenissima non la usavano a Carnevale, la maschera, ma tutto l'anno, quando volevano proteggersi dagli sguardi altrui. C'era talmente rispetto delle vite, mi par di capire, anche quelle più dissolute, che l'anonimato a Venezia era garantito dalla libertà di girare con una maschera sul volto, per non farsi riconoscere. Maschera unisex, andava bene per uomini e donne, e si dice che il nome venga dal babau, l'uomo nero, quello che faceva paura.
Secondo me era una grande civiltà quella veneziana, anche per queste cose qui, e non solo perché nelle sue calli hanno tranquillamente convissuto gente come Goldoni e il Baffo.

Se invece eri donna, e volevi vestirti da donna anonima, c'era la Moretta, maschera nera che però si teneva con la bocca: c'era un morsetto da trattenere tra le labbra.
 E così il risultato era che eri anonima, ma pure zitta. Quando ho letto sta cosa mi è venuto da ridere.

giovedì 21 giugno 2012

Cacciatori di bello

L'altra sera, parlando con un amico via chat, ci dilettavamo a parlare del bello, concordavamo sul fatto che c'è bisogno di bello nelle nostre vite per mantenere alto il tasso di sorriso nel nostro sangue.
Che sia arte, creazione, amore, facce di persone che incontriamo, alla fine siamo cacciatori di bello.

E crescendo, diventando grandi, ci guardiamo e sentiamo che siamo fatti di mattoncini colorati, un pochino come i Lego. Quelli con cui diventavamo matti a giocare da piccoli.

E ci dicevamo in quella conversazione, anche, con una dose di alto orgoglio, che noi abbiamo il senso del rossore, che ci stupiamo per le fantasie che il nostro cervello produce, e diventiamo tutti rossi, che è uno dei colori dei mattoncini.
Ci ho pensato poi ma io non gliel'ho detto, che pare che faccio la sborona e io no, mai, ma secondo me Doro, il mio piccolo amico di Ottanta lettere, è già così, pieno di mattoncini colorati.  

mercoledì 20 giugno 2012

Me e la paura

Non e' che non ho paura, no.
Ce l'ho e a volte mi atterrisce perché solo la paura fa davvero paura, quando ha lo sguardo spento di chi pensa che accontentarsi sia godere, alla fine.
A volte la guardo e le faccio uno sberleffo che mi fa paura un attimo solo, il tempo di accorgersi che sono io quella che e' più forte di lei, che ha il passo inciampato, la faccia delusa e mi guarda con quell'occhio di invidia.

Si a volte la paura ha invidia di noi, che sappiamo rischiare anche di vedercela davanti pur di fare un passo avanti e stare bene.
Lei, la paura, e' così stanca di far paura a volte che non ci mette impegno, ha solo voglia di farlo anche lei quel passo, in avanti.
Che lei più di tutti lo sa quanto e' noioso vivere nel buio dell'accontentarsi e che alla fine non si gode mai.

martedì 19 giugno 2012

Il posto del cuore

Il Fai , il fondo per l'ambiente italiano, ha creato questa iniziativa, "i luoghi del cuore" e stavolta c'è anche la barena di Campalto, che è casa mia. Penso potrei abitare ovunque, alla fine, forse non nel Milanese ecco, ma c'è un posto del cuore per tutti noi, e per me, escludendo Salta e altri pezzi dell'Argentina, quello è la barena di Campalto.
(foto presa da internet)

La barena è un posto strano, è acqua e terra assieme. E' terra sopra l'acqua, soprattutto. E' terra soffice, che se non stai attento ci affondi dentro coi piedi, appoggiata sull'acqua della laguna. Ha fiori tutti suoi, la barena, che ci crescono solo lì. Odora di salso, che solo se lo senti, capisci che odore è.
Un pochino come il rumatego, ma quello ve lo spiego un'altra volta, che è altro odore.
E' serena la barena, puoi stare a guardarla ore e lei non si scompone.
E' la terra fronte laguna che è femminile, come lei, mentre il mare è maschile e adesso che scrivo non mi ricordo più chi era quello che diceva che è un posto particolare Venezia dove il mare fa l'amore con la laguna. E insomma c'è del sesso, dietro, che significa che c'è passione a parlar di certe cose.

In questa barena ci è nato mio nonno e mio padre. Io sono nata più lontano, poi ad un anno mi hanno portato qua, e c'era ancora la spiaggia, che l'acqua e l'inquinamento non se la erano ancora mangiata, c'erano le terre bianche che ci andavi in bici a fare i salti sopra le buche e a me pareva che ero arrivata in un posto perfetto per me, che a giocare in barena non ci si annoia mai.
Anche adesso appena posso ci vado, prendo la bici, arrivo, tiro un bel respiro di salso, guardo la casa dove è nato mio padre e vorrei tanto fosse mia, che così al mattino mi sveglio, guardo fuori e c'è la barena, e insomma vuoi mettere?
E anche adesso, che sono grande, quando la vedo non mi annoio mai.
Che  ho il cuore al suo posto.

lunedì 18 giugno 2012

Il punto

C'è quel punto, tra collo e orecchio, che se lo sfiori e lo annusi, senti di che pasta è fatta una persona.
E come il pane ha un odore, che te lo porti dietro per giorni.

domenica 17 giugno 2012

Non state con le mani in mano

Le mondine di Novi  hanno deciso di mobilitarsi e questo blog vuole dare una mano. Allora voi lurkatori endemici che leggete, prendete e diffondete e andate in banca a fare un versamento.
Lo dice il many, e io voglio dare il mio contributo.
Che se c'è una cosa che odio è star con le mani in mano.
Grazie

Il post della tigre





E se tornassi ai capelli lunghi, come nel 1990? Quando avevo vent'anni?
Mi sono sognata stanotte di questa foto, della situazione in  cui venne scattata, sono andata a sfogliare l'album, che oramai gli album di foto ce li abbiamo tutti impolverati nella libreria, con le foto che arrivano massimo al duemila, come se fossero cimeli...e mi sono accorta che c'è una cosa che lega la me di ieri alla me di oggi.
Non  è la pelle, oggi più vecchia; non sono i capelli, oggi più corti, anche se volentieri ci tornerei a quelle lunghezze e forse non farei nessuna fatica.
No, la cosa che lega quella e questa è l'occhio.


firmato
La tigre

sabato 16 giugno 2012

Ritrovarsi

E ritrovarsi coi polpastrelli eccitati dalla voglia di toccare.
Cercare un lembo di pelle da accarezzare.
Sfiorare la propria, sentendola nuova.
Ritrovare l'effetto di quell'altra, che non è tua.
Sentirle simili.




venerdì 15 giugno 2012

Cose che vedo/3

Magrissima, i capelli corti corti, distesa sul pavimento come se fosse la cosa più normale, il corpo dentro ad un vecchio sacco a pelo. Attorno ha gente che manco la vede.
Lei si guarda attorno, visione marciapiede.
I nostri sguardi si incrociano, lei mi sorride, io ricambio. Lei mi fa ok con la mano, io sorrido.
Mi viene da pensare che dovrei tirare fuori una moneta e dargliela, ma poi penso che è lei che ha dato qualcosa a me.

Le copie dei giornalini di Tex sono una accanto all'altra nello scaffale, ben tenute, non sono in ordine numerico però. Cerco il punto in cui inserire quella che ho appena preso in mano ma un ordine non c'è, sono messe alla rinfusa. Metto la 212 al suo posto, quello che secondo me dovrebbe essere il suo posto.

"Togliti da lì che disturbi". Il sudamericano dice all'amico col borsone di levarsi dalla panchina dove sto. Hanno facce che si vede che sono un pochino sballati.  Forse sono tossici.
Poi quello si gira verso di me e in inglese si scusa per il disturbo arrecato.


martedì 12 giugno 2012

Nel vortice

Mentre imperversava la tromba d'aria di là dal ponte, portando danni a Sant'Elena bella e all'isola della Certosa, io mi sono trasformata per pochi secondi in una piccola tromba d'aria domestica.
Temo sia stato un involontario caso di suggestione meteorologica.
A mia discolpa, posso dire che amo molto il vento, anche quando arriva rabbioso, come oggi sulla mia città. Gli anni scorsi ha fatto danni qui, di qua dal ponte, mentre i ragazzi ballavano a San Giuliano alla prima edizione del Jammin'. Mi sa che c'è una meteorologia strana a giugno, qui dove vivo io, che porta scrosci d'acqua violenti e inattesi e pure trombe d'aria improvvise.
Un momento prima è tutto chieto, bastano pochi minuti e pare che viene giù il mondo, poi torna tutto calmo.

Anche io quando mi incazzo faccio così. Per pochi secondi attorno a me si rovescia tutto, io me ne esco con una serie di rimbrotti e parole e ho voglia di spaccar tutto e andar via, sparire, essere altro.
Oggi mi han detto che do di matto.
Il bello di me è che quando mi girano, il vortice è improvviso ma non dura a lungo. Mi passa in fretta, poi mi metto a sistemare i cocci rotti, qua e là.
Cerco di riaggiustare, che io non amo incazzarmi. Non lo faccio mai, ho una tempra non votata alla sopportazione, ma trovo sempre il modo di sorridere o chiarire ed evitare il vortice.
Ogni tanto, specie davanti all'ingiustizia delle cose che non vanno mai come si vorrebbe, mi incazzo.
Sono umana, io. Non sono una superdonna, se lo fossi mi farei schifo io per prima.
Io sono debole quando serve, forte quando serve, passo dal riso al pianto in pochi secondi.
Produco vortici, cerco sempre la pace però.
Do di matto, dicono.
Alzo le spalle, non so. 

Lo porto via

 "Lo porto via come un amico fraterno, come un figlio, come un compagno di lotta". 
Questo disse Pertini a Padova quando volle far salire sull'aereo presidenziale la bara di Enrico Berlinguer per portarlo a Roma, ai funerali dove un milione di persone parteciparono. 
ll 7 giugno nel comizio a Padova, Berlinguer si sentì male. Continuò a parlare poi lo portarono via a braccia. Io avevo 14 anni, mi ero appena iscritta alla Fgci, dovevo ancora far quell'esperienza spassosa di segretaria della sezione di Campalto e il nostro principale problema, da ragazzini figli di comunisti era non prenderle dai centri sociali e dagli spacciatori che non gradivano la nostra azione nel quartiere per far stare assieme i ragazzi, senza andare nelle strade del buco. 
Ricordo che quando lo vidi portar via dal palco pensai che anche lui a volte era debole. Era diventato piccolino. Di colpo. Mi sentii vicininissima a lui, in quella debolezza. 
Morì l'11 giugno, ma noi, quelli che erano andati in quella piazza a sentirlo parlare di un mondo più giusto per tutti, lo sentimmo subito quella sera che non ce l'avrebbe fatta. E piangemmo lacrime silenziose. 
Il corteo delle auto dietro al furgone con la bara e tutto il mio paese uscì in strada per vederlo passare. Uscirono anche i democristiani, loro si fecero il segno della croce, noi alzammo il pugno al cielo.
Poi partimmo in bus per Roma, con i miei genitori mi mescolai in mezzo al quel milione di persone che erano lì solo per dire grazie e mandare un bacio ad un uomo che aveva saputo fare politica, mostrando a tutti che un altro mondo era possibile. 
Questo deve fare la politica, dirci come saremo tra trenta, quarant'anni, non oggi. 
Oggi ho riletto quella frase di Pertini, "lo porto via", lui riuscì a dargli un bacio in fronte prima di vederlo morire e decise che l'aereo presidenziale serviva per portare a casa un amico.
Un gesto pieno di tenerezza. 







mercoledì 6 giugno 2012

Manina bela fata penèla

Il titolo è di una filastrocca, di quelle che mi raccontavano da piccola, accarezzandomi la mano, per farmi star buona e ridere.
E mi è venuta in mente pensando alle ragazze che vengono al bar vicino a dove lavoro io con i fidanzatini. Tralascio il fatto che sono tutte pettinate uguali, mentre sul fronte scarpe, si dividono tra quelle del sandalo bassissimo, modesto, e quelle del tacco vertiginoso, su cui spesso non sanno camminare. Come me, del resto.
No, a colpirmi è la questione della manina. Arrivano al bar trascinate dal moroso, che le tiene per mano; bevono lo spritz stringendo la manina del moroso, parlano con le amiche col braccio teso per non mollare la mano del moroso, vanno via trascinate dal moroso, regolarmente tenuto per manina.
Sono tante, non poche, e spesso stanno in gruppo, tra amiche, a ridere, ma appena possono corrono a prendere la manina del moroso.
Che sia un modo per sentirsi protette? Forse.
Che sia il modo per evitare di cadere dai tacchi? Forse.
Che sia  il modo per dire che sono impegnate? Molto probabile.

A me, che sono vecchia e di altra generazione, la manina mi piace tenerla, quando ho un moroso, ma non sempre. Mi piace anche sgambettar da sola o in coppia, saltargli attorno e cascar dai tacchi  e se devo mostrare, a lui, che mi piace preferisco appoggiare la manina sul suo bel culetto.

Passare oltre

C'è una cosa che ritengo orribile ultimamente ed  è l'indifferenza.
Il passare oltre gli altri, senza accorgersi che c'è qualcosa che non va.
Il non tendere mai la mano, in senso laico, e il non fare qualcosa per gli altri, che ci stanno attorno, e farlo senza attendersi un tornaconto.
Il pensare che gli altri sono sempre in malafede. Tutti.
Specie gli sconosciuti.
L'indifferenza negli stadi peggiori e avanzati diventa anche modo di porsi verso quelli che ci vogliono bene. Pensare che gli altri  esistono solo quando ci abbiamo a che fare direttamente e che per il resto semplicemente non ci siano, che i problemi siano solo i nostri, che gli altri non debbano mai avere niente da chiederci. Pensare che gli altri non abbiano bisogno di noi, anche se la cosa  è semplicemente un "ci sei, quindi sto meglio".
Passare oltre gli altri, appunto.


PS: Ho editato, intendevo Indifferenza e non disinteresse

martedì 5 giugno 2012

Cose che vedo 2

Lo vedo un pochino infastidito, che lei pensa ad un altro che non la caga, mentre lui cucina con lei e per lei. Sono amici, si vogliono bene, è nato un legame, ma lui forse sente di più perché  nega troppo e c'è quel fastidio, che sembra gelosia, che lo porta a chiedere di quel qualcuno di cui non sa nulla, e a chiedersi, forse, poi, da solo, perché lei non lo vede.
E' che la gente spesso non ci vede interi ma vede porzioni di noi. Non vede che siamo fatti di cuore, tanto, ma anche di umori e passione. 
Si ferma al cuore e se ne ha paura si scansa o si ferma agli umori e se non ha il mini-laboratorio di chimica occupato da un altro esperimento, se li fa bastare. Se gli piace il pezzo. 

E che dire di quei due, lei bella bella, lui bello bello, che al bar se la ridono e non riescono, ci provano secondo me, ma si devono toccare. Abbracciati, finiscono regolarmente abbracciati. Lui dietro le spalle di lei attratto come un magnete dal calore della sua schiena. Lei che con la mano lo cerca. Parlano di tutt'altro, sempre. Forse sanno ma fingono benissimo. Ma io li vedo i sorrisi al tocco, mi accorgo che cambiano. E' il calore che si espande, la cenere bollente che si prepara a far arrostire la carne.

E c'è la signora anziana e vedova, che abita qui a due passi, che aspetta tutte le mattine il vicino, anziano e vedovo, che le porta il giornale e le sigarette. Lei sta sulla seggiola in giardino e lo aspetta. Lui arriva in bicicletta. Le porge il giornale dal cancello. Si vede che è contento, che sta cosa che fa, piccola, gli piace. Lei prende il giornale e lo guarda e gli sorride e ogni volta ha i sei euro in mano per pagarlo ma lui dice che si può aspettare, per pagare. Hanno tempo. 



lunedì 4 giugno 2012

Barricadera

E niente, a me l'animo barricadero mi esce. Ci provo anche a lasciar che le cose vadano in merda senza provare a far qualcosa.
Io ci provo, ma la rassegnazione non fa per me, io la mia opinione la devo dire.
Se sento una sensazione, la devo esprimere. Se devo scappare scappo, se devo restare resto.
Poi magari parlo un casino a vuoto, poi mi incolpo che magari potevo essere più efficace, magari non cambio niente che il corso degli eventi non lo cambio certo io da sola, ma almeno quando mi passa il senso di impotenza, posso specchiarmi in quello sguardo fiero della barricadera.

Freschetto

Mi piace in quelle mattine che mi sveglio presto,  ben prima che la sveglia mi intimi di alzarmi, andare ad aprire la terrazza della camera e tornare a dormire con il freschetto che entra dentro, abbracciata a lenzuolo e copriletto. Tra tepore e freschetto.

domenica 3 giugno 2012

Bandiera bianca


 "Sul ponte sventola bandiera bianca"
Si dice che il riferimento venga da qui da questa poesia di Fusinato, mio noto concittadino.

Soli

Parlo da sola in questa notte strana, adesso che son sola mi posso sentire sola.
E ho voglia di non esser sola, ho un solo pensiero, che arriva, scaccio, va, si nasconde, torna, scaccio, va, resta, fuma, scaccio, torna.
Va, torna.
E' strano dover esser soli per non esser soli.

venerdì 1 giugno 2012

Dei mezzi di locomozione

Ci ho pensato oggi che ho letto in giro alcune cose.
Secondo me, quando si vuole bene a qualcuno o qualcuna, non bisogna assolutamente abituarsi al fatto che oggi c'è la tecnologia, cioè mi spiego: non si può parlar d'amore o di passione seduti davanti ad un computer o usando un telefonino o concedendo solo qualche telefonata.
La scusa del disturbare, dopo, ce la ricorderemo come un segno del nostro essere cretini.
 Ci ho riflettuto, se si comincia così è ovvio che va a finire male.

Bisogna avere un mezzo di locomozione, auto, treno, aereo, bicicletta, triciclo, monopattino, pattini a rotelle, scarpe da jogging o da scalatore e spostarsi.

Andare a suonare al campanello della persona a cui si vuole bene o dargli un appuntamento e arrivare là e dirglielo guardandolo in faccia come stanno le cose.
Sennò  l'affetto diventa fuffa e non c'è niente di più triste della fuffa.

Cose che vedo

L'altro ieri mentre tornavo in ufficio ho incrociato al bar un papà, somalo, col figlioletto. Il piccolo gli saltellava attorno e gli raccontava che aveva fatto la verifica di italiano. E il padre gli faceva domande. Si capiva che il papà si sforzava di parlare italiano e si sentiva impacciato nel dialogo mentre il ragazzetto lo parla bene l'italiano. Il ragazzetto poi ha fissato papà e gli ha detto: "poi a casa studi i verbi con me?".
E il papà, che aveva le mani piene di calli, gli ha fatto una carezza in testa e gli ha detto, ridendo: "Certo, non vedo l'ora che mi insegni".

Il giorno prima, era tardino, e io stavo andando a casa e ho visto un uomo in bicicletta appoggiato ad un cassonetto e con metà corpo dentro il cassone della spazzatura. Ne vedo spesso di gente che rovista nei cassonetti. Sono anche signore anziane, ma loro si mettono dietro, dalla parte nascosta. Non verso la strada, così nessuno le vede.

La signora della casa a fianco è tornata dall'ospedale, ha una badante che sembra simpatica che la aiuta a sedersi e a camminare. La signora sta tutto il giorno in terrazza a leggere libri, anche adesso che il cielo è grigio e promette pioggia, lei sta in terrazza sotto l'ombrellone a leggere. Vorrei vedere che libri legge ma lei non parla mai con nessuno.

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