Fatacarabina

Fatacarabina

venerdì 30 settembre 2011

Pugni

Prima ero fuori a fumare una sigaretta ed è passata una coppia.
Di innamorati, mano nella mano.
Li ho guardati mentre mi passavano davanti, passeggiando con le borse delle spese in mano. Hanno fatto shopping assieme, ho pensato. Guarda che carini.
Sembravano carini.
Poi lui le ha preso una mano e ha cominciato a tirare il braccio.
 Ma non per tirarla per un bacio. No, ha tirato il braccio verso la schiena, all'indietro, finché lei ridendo non ha dovuto abbassarla la schiena fin quasi a toccare il naso sulle ginocchia. Poi ha smesso di ridere e ha cominciato a dirgli che gli faceva male. E io mi sono concentrata sulla mano di lui, perché quella situazione non mi piaceva per niente. Ma proprio per niente.
E mi sono piazzata alle spalle del ragazzo a fissarlo. Volevo tirargli un pugno, ero decisa a farlo.
Lui si è girato, mi ha guardato come se fossi una pazza, e ha tirato il braccio della sua ragazza, ancora. Stavolta per portarla via.

giovedì 29 settembre 2011

Un post (a rete unificata)


Quale che sia la censura, essa mi sembra una mostruosità, qualcosa di peggio dell'omicidio; l'attentato contro il pensiero è un crimine di lesa anima. La morte di Socrate pesa ancora sul genere umano. (Gustave Flaubert)



Questo è un blog, anche se pieno di cazzeggi, e quindi io dico No al bavaglio e partecipo all'iniziativa.


DA LEGGERE E POSSIBILME NTE DIFFONDERE (a mezzo blog, se ne avete uno): 
Cosa prevede il comma 29 del ddl di riforma delle intercettazioni, sinteticamente definito comma ammazzablog?
Il comma 29 estende l’istituto della rettifica, previsto dalla legge sulla stampa, a tutti i “siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica”, e quindi potenzialmente a tutta la rete, fermo restando la necessità di chiarire meglio cosa si deve intendere per “sito” in sede di attuazione.

Cosa è la rettifica? 
La rettifica è un istituto previsto per i giornali e le televisione, introdotto al fine di difendere i cittadini dallo strapotere di questi media e bilanciare le posizioni in gioco, in quanto nell’ipotesi di pubblicazione di immagini o di notizie in qualche modo ritenute dai cittadini lesive della loro dignità o contrarie a verità, questi potrebbero avere non poche difficoltà nell’ottenere la “correzione” di quelle notizie. La rettifica, quindi, obbliga i responsabili dei giornali a pubblicare gratuitamente le correzioni dei soggetti che si ritengono lesi.
Quali sono i termini per la pubblicazione della rettifica, e quali le conseguenze in caso di non pubblicazione? 
La norma prevede che la rettifica vada pubblicata entro due giorni dalla richiesta (non dalla ricezione), e la richiesta può essere inviata con qualsiasi mezzo, anche una semplice mail. La pubblicazione deve avvenire con “le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono”, ma ad essa non possono essere aggiunti commenti. Nel caso di mancata pubblicazione nei termini scatta una sanzione fino a 12.500 euro. Il gestore del sito non può giustificare la mancata pubblicazione sostenendo di essere stato in vacanza o lontano dal blog per più di due giorni, non sono infatti previste esimenti per la mancata pubblicazione, al massimo si potrà impugnare la multa dinanzi ad un giudice dovendo però dimostrare la sussistenza di una situazione sopravvenuta non imputabile al gestore del sito.
Se io scrivo sul mio blog “Tizio è un ladro”, sono soggetto a rettifica anche se ho documentato il fatto, ad esempio con una sentenza di condanna per furto? 
La rettifica prevista per i siti informatici è quella della legge sulla stampa, per la quale sono soggetti a rettifica tutte le informazioni, atti, pensieri ed affermazioni ritenute dai soggetti citati nella notizia “lesivi della loro dignità o contrari a verità”. Ciò vuol dire che il giudizio sulla assoggettabilità delle informazioni alla rettifica è esclusivamente demandato alla persona citata nella notizia, è quindi un criterio puramente soggettivo, ed è del tutto indifferente alla veridicità o meno della notizia pubblicata.

Posso chiedere la rettifica per notizie pubblicate da un sito che ritengo palesemente false? 
E’ possibile chiedere la rettifica solo per le notizie riguardanti la propria persona, non per fatti riguardanti altri.

Chi è il soggetto obbligato a pubblicare la rettifica?
La rettifica nasce in relazione alla stampa o ai telegiornali, per i quali esiste sempre un direttore responsabile. Per i siti informatici non esiste una figura canonizzata di responsabile, per cui allo stato non è dato sapere chi sarà il soggetto obbligato alla rettifica. Si può ipotizzare che l’obbligo sia a carico del gestore del blog, o più probabilmente che debba stabilirsi caso per caso.
Sono soggetti a rettifica anche i commenti?
Un commento non è tecnicamente un sito informatico, inoltre il commento è opera di un terzo rispetto all’estensore della notizia, per cui sorgerebbe anche il problema della possibilità di comunicare col commentatore. A meno di non voler assoggettare il gestore del sito ad una responsabilità oggettiva relativamente a scritti altrui, probabilmente il commento (e contenuti similari) non dovrebbe essere soggetto a rettifica.

mercoledì 28 settembre 2011

Bye bye mister cum-shot

Io lo so che prima o poi doveva succedere, che mi giravano gli zebedei come le pale del vecchio ventilatore che avevo in camera e che qualcosa ha visto, lui.

Dialogo telefonico:
"Mi ha detto che il cum-shot gli è piaciuto tanto..."
"Ehhh?"
"Il cum-shot, l'ha chiamato così".
"Ah"
"E ha detto che sono una gran bella Milf".
"Ah...scusa, sei contenta?"
"Sì, mi pare di sì. Anche se mica ho capito bene tutto quello che mi ha detto".

Ecco parli con una conoscente, quasi amica, di quelle che hanno bisogno, spesso, di confidarsi, forse per sentirla la complicità, e capisco eh, e questa se ne esce col racconto dell'ultima uscita con il tipo che gli piace tanto. E la serata ha preso una bella piega, mi racconta,  e io sono contenta, ma poi il tipo mi è cascato sull'uso dei vocaboli e sui comportamenti.
Allora la mia quasi amica racconta e io ho avuto uno di quegli incubi ad occhi aperti, che io le situazioni me le immagino, e insomma mi è venuto un attacco di orticaria.
Per carità il sesso mi piace e finora anche molto; per carità viviamo in una Italia della puttanocrazia e ora tanti comportamenti, un tempo fonte di imbarazzo, oggi sono sbandierati ai quattro venti.
Ma come si fa a chiamare una ragazza con cui vai a letto bella Milf?
Come si fa a dire che si ha avuto un cum-shot bello.
Dì che sei venuto e ti è piaciuto, e basta.
Ziocanea!
E te, quasi amica mia, stai lì a farti guidare nell'amplesso come se fossi ad una seduta di ginnastica in palestra, fammi 80 addominali, vai di crunch per 10 minuti, adesso stop passiamo allostep.
Non ti viene da ridere? Amica mia, non ti viene da fermarti mentre sei indaffarata, e guardare questo coso che hai davanti dritto negli occhi e scoppiare a ridergli in faccia con tutto il fiato che ti è rimasto?
No?
Non ti viene da prendere il tacco dodici e tirarlo fuori dalla finestra e metterti a camminare a piedi nudi per casa, senza il rossetto che ti fa tanto baltracca e il reggiseno che ti alza le tette, e poi sederti davanti allo specchio e guardarti, così, inselvatichita. E chiamare lui, il coso, e dirgli: "Caro, dimmi cosa vedi?".
Non ti viene da sbattergli in faccia tutta la tua femminilità e dirgli: "E adesso, arrangiati!".
No?
No, lei si chiede se lui uscirà ancora con lei e mi ha detto che vuole andare ad un corso di burlesque.
Certo, al corso di burlesque, per imparare a giocare con la mia femminilità, ci andrei anche io.
Ma con mister cum-shot non ci uscirei manco morta. Poi io non sono quella che dice agli altri che fare. Se sono solo conoscenti. Ma ho la sensazione di essere fuori moda; io che penso ancora che il sesso tra due persone, adulte, consenzienti, non sia la brutta copia di un manga, ma vita vera. Che le emozioni passino sopra i vocaboli tecnici da porno, se ne facciano sberleffo, che la voglia mandi a quel paese tutte le posizioni imparate e viste.
Ah, e fuori moda mi sento benissimo.

martedì 27 settembre 2011

Duri i banchi

Se c'è un detto veneziano che trovo esaltante, e che è anche un album dei Pitura Freska, per dire, è "Duri  i banchi". Lo dicevano i vogatori delle navi veneziane alle prese con gli sballottamenti in mare. "Duri i banchi", teniamoci saldi, insomma, per superare la tempesta.
Per la cronaca, i banchi sono le assi di legno su cui sedevano i marinai.
Bellissimo, ogni volta che lo dico sento l'incitazione dentro che si fa avanti e mi vien da guardare verso la laguna, là dove l'acqua sie ore ea cresse e sie ore ea caa.
Anche oggi che per un attimo mi sono sentita nella tempesta, io, che del vento ho imparato a non avere paura, l'ho detto alla mia passione, che mi stava vicino mangiando un pacchetto di crackers.
"Cara, Duri i banchi". E siamo state là, io e la mia passione, sulla panchina. Le ho raccontato anche di quella volta che sul lago Nahuel Huapi c'era la bora e io ho provato a buttarmi in avanti, a cadere, e il vento mi ha tenuto in piedi.

lunedì 26 settembre 2011

Mao

Dialoghi telefonici - al termine di convenevoli e piccole informazioni sulle rispettive situazioni emozionali attuali.

A: Ciao, fammi miao
F: Faccio cosa?
A: Fammi miao
F: Miaoooo
A: Visto? Sei diventata grande, sei una gatta.
F: Mi prendi per il culo?
A: No, perché?
F: Bau
A: Naaaaaaaa, te sei da miao. Ciao
F: Ciao. Miao. Bao
A: Mao

domenica 25 settembre 2011

Psyco

Invece delle liste delle cose da fare, sarebbe meglio appuntarsi sul libretto talvolta anche quello di cui si ha bisogno. Non tanto perché il dovere sia alla fine molto meno divertente del piacere, ed è sacrosanta verità, ma perché è il piacere a connotare chi siamo.
E quindi dobbiamo dircelo, dentro di noi, cosa abbiamo bisogno. Per sapere chi siamo.
Cogito, ergo sum. Desidero, ergo sum, anche.
Mi vengono paragoni forti, ma sto leggendo "American Psyco" in questo periodo, perdonatemi. E quel pazzo che ogni pagina aggiunge uno sclero in più e violenza su violenza, mi elenca solo cose che ha, vestiti, oggetti, corpiduri (che orribile traduzione) che guarda, ma mai che dica in una riga di cosa ha bisogno, cocaina e psicofarmaci a parte.
Mi irrita uno così anche se mi affascina leggerlo tra le pagine di un libro. Forse perché così mi consolo, chiudo il libro e lui resta lì dentro. E invece no, ci penso, che c'è un peso specifico differente tra possesso e bisogno. Il possesso non consola, il bisogno incita.
Forse a lui incita il sangue, il fare male. A me sta molto antipatico ma voglio capire fin dove arriverà.
Io, nel frattempo, in questo periodo ho bisogno di baci. Non sono un dovere, non sono obbligatori, non li ho mai trovati all'angolo della strada, io.
I baci non li comperi al supermercato, non sono cose che trovi in uno scaffale e puoi sceglierne il gusto, con o senza zucchero. Non li puoi catalogare, sono uno diverso dall'altro.
Se il gusto ti piace lo devi scoprire da solo, poi se senti che ne vorresti ancora devi impegnarti a fare in modo che ricapitino sulla tua traiettoria. A volte pensi che sia impossibile, riaverli.
E quando capita, cavolo se capita,  io lo so che è come dichiarare una sconfitta.
Un bisogno è così, puoi realizzarlo e coccolartelo; puoi rincorrerlo una vita; puoi tenerlo tra le mani e poi perderlo e lui se ne va, lasciandoti un ematoma addosso.
Adesso che rileggo quel che ho scritto, ci vedo dentro anche tanto il mio personale concetto di libertà.

Una volta  ho chiesto ad un mio moroso quale fosse il suo bisogno, lui mi ha risposto: "essere libero".
Non siamo più morosi.


giovedì 22 settembre 2011

A tavola

Oggi mi son svegliata e ho ballato subito il tip tap sul mio umore e Arturo è uscito dall'armadio e la tigre si è messa a preparare il caffè e poi mi ha costretto, puntandomi contro un'unghia laccata di rosso (mi sa che ha aperto il cassetto del bagno dove ci sono i trucchi), a mangiare pane caldo col miele e un filino di burro. Arturo si è messo a destra, la tigre a sinistra, io al centro. Tutti a bere caffè macchiato con il latte di mandorla. E poi la tigre mi ha guardato e mi ha detto che la fame è così, non ti lascia mai come ti trova, anche se è fame non di cibo, quella che ti serve a tirare avanti, ma di affetti, sorrisi e abbracci.
Perché è la stessa identica cosa, ha detto.

mercoledì 21 settembre 2011

C'ho un attimo de mona

Il desiderio è quella cosa che ti fa vedere tutti i mondi possibili, che hai a disposizione.
E' un dolorino lieve, come di corda che tira, dal basso ventre fino al cervello.
E' una impotente potenza.
E' la voglia di esserci per non esserci più come pensi di essere.
E' quella sensazione che puoi nascondere nell'ultimo dei cassetti, dopo averla fatta a pezzetti piccoli, e poi ritrovarla intatta, al tavolino di un bar, a sfotterti per la tua codardia.

lunedì 19 settembre 2011

Cose da non fare

Non scambiare mai timidezza con imbarazzo
e soprattutto non scacciare la malinconia del lunedì al mercato: finisci con il comprare le mutande strette

Sto benissimo in Shantung

Io non lo so se è stato il ticchettio sulle persiane o se è stato il cambio di temperatura o che, ma io stanotte  ho rivisto in sogno tutti i baci che ho dato finora. Non so se ricordate gli ultimi tre minuti del "Nuovo Cinema Paradiso", quello di Tornatore, con l'attore che se ne sta in saletta e rivede tutti gli spezzoni tagliati dei film. Ecco, al posto dell'attore c'ero io con un vestito di seta selvaggia verde e mi riguardavo tutti i miei baci, i primi da piccina, poi quelli incasinati dell'adolescenza, quelli incasinati dei vent'anni, quelli incasinatissimi dei trenta e pure gli ultimi incasinati uguale di questi 40 e passa, e li osservavo con attenzione e passavo dalla lacrima alla risata, come facevo da piccola  che prima soffrivo e poi ridevo che comunque non mi ero fatta poi così tanto male.
Sono arrivata alla fine, all'ultimo, e ho sorriso di più forse perché l'ultimo è quello che te lo ricordi meglio che hai ancora tutte le papille gustative sollecitate e loro, le papille, di queste cose tengono memoria e non dimenticano mica mentre magari noi ci conviene di farlo per mille motivi.
Poi mi sono svegliata e c'era la tigre che mi leccava i piedi.
Adesso mi devo comperare un abito di seta verde, che sto benissimo.

venerdì 16 settembre 2011

Diserbante

Ho passato ore, ultimamente, a dire parole stupende, nella loro semplicità, e poi impaurirmi per averle pronunciate e vedere che impauriscono se le dico. E giù a scusarmi.
Perché le parole, come diceva qualcuno, sono importanti e talvolta se ne dici una chi la sente nelle orecchie se ne ritrova a rimbombare ottanta. E così via.
Poi ho regolarmente chiesto scusa, come se bastasse quello per alleggerire.
Resta la speranza che mettendole assieme, ste parole belle,  siano un fertilizzante, anche se oggi a me paiono solo un diserbante spruzzato a caso.

giovedì 15 settembre 2011

Me e la tigre

In casa c'è un nuovo ospite, inatteso, e devo ammetterlo, un pochino ingombrante. E' una tigre. 
Arturo s'è messo paura e si è chiuso in armadio e mi parla da lì, non ci vuole avere a che fare, per ora, dice. E dice che se io la smettessi di sognare ad occhi aperti, forse queste cose non ci capiterebbero. 
Lei, la tigre, è entrata in casa senza bussare, si è sistemata ai piedi del letto e si è messa a fissarmi e a ringhiarmi contro, mostrandomi le zanne aguzze. Sono come madreperle appuntite. 
Dorme con un occhio solo, con l'altro mi fissa e segue ogni mio spostamento. E' di una bellezza spaventosa, che lascia senza fiato, il pelo ad ogni respiro si muove. Sembra avere il vento addosso. 
Io rimango senza fiato ad osservarla. 
Sostengo lo sguardo, sputo la mia palla di pelo da gattina spelacchiata e resto là. Se volesse, lei, la tigre, con un colpo di zampa potrebbe spedirmi a chilometri da qui, invece non lo fa. Resta là e mi fissa. Non fa altro. Ma se mi avvicino, tira fuori le zanne.
Dentro a quegli occhi azzurri ci sono rimasta dentro a lungo stamattina, mi ci sono accoccolata e mi sono sentita protetta. 

La via della felicità


Ci sto provando. Prima fermata, qui.

martedì 13 settembre 2011

Fammi bene

A me capita, ancora. Di guardare una faccia, studiarla senza farmi troppo notare, seguirne le curve del naso e del viso, guardare le mani, cosa fanno, come lo fanno. Seguire l'andamento di una voce, di un piede che cammina. Sentirmi senza niente e starci benissimo.
Assaggiare, annusare.
Pensare all'improvviso: "fammi bene". E scoppiare a ridere, felice.

domenica 11 settembre 2011

11 Sept 1973


Ci sono tanti 11 settembre da non dimenticare.

http://it.wikipedia.org/wiki/Golpe_cileno_del_1973

giovedì 8 settembre 2011

1986


Io nel 1986 ero al liceo, brufolosa e bruttina, tutta basket e musica e sax e pianti per il latino. Loro erano al Montreux Jazz Festival.

lunedì 5 settembre 2011

Nero nero

Così, cercando una cosa, ho trovato in internet il testo di una vecchia canzone popolare che cantavamo in autobus quando si andava a far festa in val di Non.


NERO NERO
(canzone popolare)
Il primo furto da me compiuto
 è stato quello della signora,
co’l pugnale nella gola
quanti schei che ghe gò ciavà.
Cinquecento marenghi d’oro
mescolati ad altri argento,
sono andato a cuor contento
in ostaria a magnare e a ber.
Quando suona la mezzanotte
arrivava la polizia,
circondava l’ostaria
a Santa Maria i me gà portà.
A tradirmi fu un grande amico
che di nome si chiamava Nero,
lo credevo un amico sincero
e invece il vile m’ha rovinà.
O secondino fammi il favore
di prestarmi inchiostro e penna
voglio scrivere alla mia bella
che mi venga a ritrovar.
O Nero Nero dove tu
sei ingannator della vita mia,
tu sei stata una malaspia
che in galera me gà mandà.
Oh Nero Nero…

Your Soul and Mine

Ho sentito parlare di lui, Gill Scott Heron, da una delle poche trasmissioni di RadioDue, Moby Dick, che fanno vera informazione musicale. Considerato il padre del rap, era un cantante ma soprattutto un poeta. Heron è morto lo scorso maggio. Nella sua vita ha avuto un bel po' di problemi, come tanti.
Ho cercato in rete questo suo lavoro e quando è arrivato il cd a casa ero tutta curiosa. Beh, ecco, è una delle più belle cose che le mie orecchie hanno sentito ultimamente. C'è un sacco di vita dentro questo lavoro di poesia e hip hop.

Tutta colpa di Sergio

domenica 4 settembre 2011

Parliamo?

E' da tanto che non lo facciamo :)

Spallucce

Ho imparato un po' di cose quest'estate.
E me le segno qua, perché è bene ricordarsele.
Anzitutto c'è gente che non fa assolutamente nulla per il proprio bene personale se non stare a criticare quello che gli altri fanno e provano un sottile gusto a sentirsi sempre e comunque migliori se a quegli altri le cose non vanno benissimo. Io oramai davanti a questi esempi di vita morigerata non vado oltre la faccia da "mavacagher". Ho imparato a fare spallucce: affari loro, se non si sporcano mai. Non sapranno, dopo, come pulirsi.
Ho imparato poi che probabilmente mai sono stata depressa e mai lo sarò perché davvero io sono un bicchiere mezzo pieno e mai mezzo vuoto. Mi voglio molto bene per questo. C'entra anche lo scrivere, che è il mio modo di comunicare, evidentemente.
(A proposito è in arrivo una bella novità - vi dirò a tempo debito). 
Ho imparato che forse proprio perché sono piena di mediocrità mi salva questa fame, che ho dentro, di migliorare me stessa e la vita che faccio. Ma rispetto al passato, quando vivevo questo stato con ansia, oggi sono diventata più paziente e questo aiuta, cavolo se aiuta. Non penso più che il futuro è là e io devo correre. Il futuro è oggi, e allora faccio spallucce ai pensieri negativi.
Ho imparato anche che ci sono persone che voglio nella mia vita ma non so bene come e allora sto zitta ma non faccio spallucce.

sabato 3 settembre 2011

Ciappino

Che poi quando coltivi le amicizie e la conoscenza supera lo stadio iniziale di studio e allora ti rilassi per bene, bisogna ricordarsi di chi si è. Io ecco ieri sera mi ero dimenticata che in testa c'ho un procione selvaggio e nel caldo della pizzeria affollata, lui ha deciso di farmi un caldo sahariano sulla coppa. E ad un certo punto, io che ero con i miei amici e pure bella rilassata, ho dovuto far fronte al fastidio e prendere il ciappino per sollevare i capelli. Tanto, ho pensato, mi vogliono bene uguale anche se non sono perfettina. Solo che avevo dimenticato il procione e lui, sto stronzo, era là che mi ballava sulla testa. Non son cose, proprio.
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