Fatacarabina

Fatacarabina

martedì 30 agosto 2011

Che faccia si fa?

Che faccia si fa quando ti capiterà di reincontrare quel qualcuno che ti sei sognato, uno che conosci abbastanza bene, che arriva dentro il tuo sogno e con piglio anche un pochino da sborone, bisogna dirlo, prende e tira una tenda bianca e solo con quel movimento devia tutta la storia del sogno, che aveva preso una piega assolutamente noiosa e pacifica, e invece, dopo il suo arrivo, quella storia ne prende completamente un'altra, sudata e inaspettata? Che faccia si fa?

lunedì 29 agosto 2011

Lo zaino

(contiene puccyness, siete avvisati)
Il mio nipote diciottenne, Popo (mi odierà che lo chiamo ancora così...) è tornato oggi dalla sua prima vacanza solo con gli amici. Non lo sapevo ma è partito con il mio vecchio zaino ferrino, la cassa da morto, uno zainone valigia che mi sono tirata dietro per anni sulle Ande, in Patagonia, nella terra del fuego, in Cile. Da un viaggio è tornato tutto rotto, è finito in un angolo, poi, con pazienza, è stato riparato.
Lo zaino della mia rinascita è passato di mano. Ora è il suo compagno di viaggio.
Ammetto che  quando l'ho visto, l'ho accarezzato di nascosto.

venerdì 26 agosto 2011

Petacoche

Oggi mia cugina su Facebook ha spiegato il significato di una delle parole più carine veneziane, quel Petacoche che sta ad indicare chi tende a lamentarsi addirittura con un piglio infantile degli accadimenti quotidiani.
Ecco io leggevo e pensavo che probabilmente c'è una attitudine familiare a riconoscere i  fastidi, come quello nei confronti dei lamentosi di professione che spessissimo finiscono con l'essere, appunto, dei petacoche.
Alla lamentela preferisco l'indignazione. Se la vita non soddisfa c'è ovviamente di che indignarsi, solo che a volte pensandoci bene si capisce che mentre il lamentoso scarica la colpa su altri ( uomini, donne, amori che non vanno, persone che non ci valorizzano o ci ascoltano, ecct.) l'incazzato il più delle volte deve fare i conti con gli effetti delle proprie quotidiane scelte e allora o pratica l'indulgenza verso le proprie incapacità, ad un certo punto, accettandosi, o finisce con l'essere un soggetto bilioso. E forse agli effetti deleteri della bile, c'è chi preferisce appunto l'arte dolente della lamentela contro tutti e tutto, come se nulla fosse colpa sua ma tutto colpa del destino malefico, della sfiga, delle incapacità altrui. Consolante, no? Il Petacoche, dico...no parliamone...o no? 

domenica 14 agosto 2011

New sensation

Il mio lato femminile mi è apparso sotto forma di libellula, gialla e bianca, fine come uno stecco.
Lei svolazza, mi fissa. L'intesa c'è, capisco.
Scoppio a ridere e svolazzo pure io.
Non mi servono sudditi, che mi massaggino le dita dei piedi a comando.
Non mi servono idoli, davanti ai quali inginocchiarmi.
Mi servono complici, per il migliori misfatto che si possa commettere: vivere e non sopravvivere.


venerdì 12 agosto 2011

Io licenzio, tu licenzi

Ecco ieri Tremonti ha fatto un discorso del tipo: noi certo non lo vorremmo fare, ma ci dicono di farlo (la Bce), ci pensiamo eh, mica diciamo sì subito ma serve...
E poi se ne è uscito con quel "diritto di licenziare", sibilato così, che mi ha fatto accapponare la pelle.
Ecco, mi chiedo da ore: se lavori, vieni pagato e hai soldi da spendere.
Berlusconi è andato avanti un pezzo a dirci di spendere per risollevare l'economia.
Adesso ci dicono che sarà normale licenziare.
A parte che già licenziano e non poco.

Ma se non trovi un altro lavoro come sostieni l'economia?
Da parte attiva diventi di colpo parte inattiva, un peso. Uno che non può spendere non vale una benemerita cippa. E non può manco curarsi, quindi diventerà inutile peso.
Dopo il precariato, ci sarà la divisione  in caste.
Lavori ? Sei socialmente utile. Non lavori più? Ciao sei un inutile.
Mi sa che ci tocca andarci a rileggere tutti i testi sociologici scritti negli anni Novanta sulle conseguenze psicofisiche delle casse integrazioni e dei licenziamenti. Ci siamo già dimenticati che avevamo uno statuto dei lavoratori, dei sindacati degni di quel nome, del diritto di scioperare...Ah adesso becchiamoci il diritto di licenziare...
Mi raccomando silenzio, c'è da pensare a chi va all'isola dei famosi alla prossima edizione, eh

lunedì 8 agosto 2011

Ah

Ah, mi sono dimenticata ma a fine luglio questo blog ha compiuto quattro anni di vita.

L'impresa più difficile

Una volta mi piacerebbe provare ad essere stronza, essere come quelle che fanno impazzire uno perché si rendono inavvicinabili e hanno una parolina cattiva per tutti e ti squadrano dai piedi alla testa e senza parlare hanno l'occhio e l'angolino destro della bocca che sono una sentenza di pessimo ton.
Mi piacerebbe provare, un giorno solo eh, massimo 24 ore, ad essere come loro e praticare l'arte del disgusto verso tutto  e tutti come antidoto, presunto, alle interpretazioni che diamo della vita e degli eventi che ci tocca affrontare.
Sai quando ti accorgi che hai sbagliato l'opinione che avevi su una persona o su una cosa? Loro, le stronze, si difendono ricordandosi che comunque l'occhio e l'angolo della bocca lo avevano alzato. Insomma si difendono dicendosi che guardinghe lo erano state come mamma aveva loro insegnato.
E' una cosa che io non so fare, mi viene da ridere dopo un pochino.
Devo mettermi nella condizione mentale di recitare una parte altrimenti non ce la faccio a  provare disgusto a priori.
Per quello mi dico: un giorno solo, nella vita, vorrei provare veramente come si sta nei panni di una stronza. Dura un attimo, poi penso che faccio comunque meglio a dedicarmi ad altre imprese.
Mi sa che sono rimasta imprigionata nella condizione bimba dello stupore.

Ho letto giusto l'altro ieri queste parole:
"Ci sono due specie di persone.
Ci sono quelli che vivono, giocano e muoiono.
E ci sono quelli che si tengono in equilibrio sul crinale della vita.
Ci sono gli attori e
ci sono i funamboli".

Secondo me c'ha ragione.

(citazione da "Neve" di Maxence Fermine)

mercoledì 3 agosto 2011

Lucettina

Ci sono giornate che scivolano via lente ed è un lento voluto quando ho bisogno di una ricarica, di emozioni nuove, di perdermi un attimo per poi ritrovarmi.
Sono andata alla piscina, un posto "in" con la zona vip divisa da quella dei peones, e io me ne sono stata con questi ultimi, che ci sto bene, io, che ho sempre qualcosa fuori posto.
Una persona ha detto di me un giorno, senza conoscermi, che sembro quella con la corona in testa che le sta tutta storta, e forse ha visto giusto.
E insomma lì, tra un bagnetto, una ceasar salad, c'era il cicaleccio alle spalle di ragazze che parlavano di gelosia, amori e lasciamenti, tutti gestiti attorno alla lucetta verde della chat di Facebook, che pare che adesso esisti solo se hai la lucetta verde accesa, altrimenti non ci sei, e io che nei social network ci sto ma passo il mio tempo spesso in un posto senza lucette accese, ero curiosa e ascoltavo. Io ho amici fuori e dentro la rete,  e non faccio differenza alcuna, comunque a suon di ascoltare, ad un certo punto ho avuto la nostalgia di quando era più difficile cercarsi.
Non lo so, ho temuto che tutta questa facilità alla fine sia un boomerang che poi ti lascia più vuoti che pieni. Anche perché se tutto gira attorno alla lucetta verde accesa stiamo freschi.
Ma se io voglio bene a qualcuno gliene voglio di più se ha la lucetta accesa per parlarmi? Non credo proprio. Voglio bene ancora a gente che non esiste più, sul serio.
Ma  lasciamo perdere 'sta cosa del bene, che ultimamente a me dirlo mi sa che mi fa passare per una negativa e visto che mai mi sono sentita così mi pare di essere quella che va in giro con le mutande in testa e sembra tutta strana. O con la corona storta, e ci risiamo.
E' come quando decidi di regalarti, senza pensarci tanto, un tuffo spensierato in piscina ma è mal calcolato e tiri una spanciata pazzesca.
Oppure  è più facile che abbiamo tutti alfabeti propri che confliggono con quelli degli altri e allora ti incasini perché semplicemente non capisci quel che senti.
Credo sia questo e allora ecco che forse  è consolante quella sensazione, che un dialogo, un rapporto, un confronto lo puoi spegnere come la lucetta verde della chat.
Bon mi sa che va così, adesso, il mondo.
Ma io, no. Decisamente, no.
Di questa giornata in piscina  porto a casa anche la piacevole sensazione che il mio ormone, il guerriero, è vivo e lotta insieme a me. Son rimasta a vagheggiare , persa tra le parole intrise di sesso di Tiziano Scarpa ( "La vita, non il mondo"-edizioni Laterza) e la visuale di un barbuto signore, dal fisico imponente, intento a studiare a bordo piscina un libro sul basso e un testo, forse di solfeggio, che da lontano non ho visto bene, e nell'offuscamento, me lo sono goduto nel guardarlo e mi sono fatta anche un filmino sulle mani...E poi col pensiero gli ho detto "Ciao, bello", quando è arrivata la morosa a portarselo via, mansueto.
Insomma c'ho l'ormone vivo e vegeto che brilla di lucetta propria. Ottanio, ovviamente.


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