Fatacarabina

Fatacarabina

domenica 29 maggio 2011

Fatacarabinese

C'ho amici e conoscenti in giro per lo stivale che quando parlo forse, penso, non è che tutto capiscono perché il gergo, scritto e parlato, è spesso una cosa personale e il veneziano ci sguazza. allora mi pare il tempo di pensare ad un piccolo glossario, il Fatacarabinese.

Tasi va: se lo dico, non è per esortare al silenzio, ma è una esclamazione dall'intento consolante.
Esempio: Soggetto A: Non sono più andato in ospedale, eh
F: Tasi va ( con intonazione sul sorridente andante mosso)

Duri i banchi: vecchio detto dei veneziani che andavano per mare, i banchi sono per la cronaca le assi di legno su cui ci si siede in barca per remare. Ovvero in caso di onda ci si tiene lì per non cadere in acqua. Detto oggi utilizzato per darsi forza.

Infrappuìo: Lo diceva la mia nonna, nella terraferma; lo dico anche io. Quando qualcosa si stropiccia, ego compreso, io lo definisco così.

Te verzo come 'na canocia: L'ho usato pochissime volte. E chi l'ha sentito proferire, si narra, prima ha preso paura per la mia evidente incazzatura. Poi è scoppiato a ridere della grossa. La Canocia è la cicala di mare. L'azione descritta è quella della rottura delle piccole chele per cibarsi dell'interno. Il crack è d'obbligo.

'More: non va inteso come frutto del gelso e neanche come riferimento alla caducità della nostra condizione terrena. Significa Amore, si può usare con chiunque per cui si prova affetto senza intenti diversi.

Tatao: Ciao, riservato a pochi e comprensivi amici. Conseguenza dello choc patito alla vista dei Teletubbies

Il procione ti saluta: ovvero la mia parte istintiva sta prendendo il sopravvento; spesso conseguenza di stimolazioni chimiche dette anche oddio c'ho l'ormone ringalluzzito.

Cavite dal semicerchio: togliti dal semicerchio. Ovvero dammi spazio, che stai invadendo la mia area personale.

Me paro (lui o lei): mi sembra di essere lui o lei. Paro da parere, in veneziano sembrare.

Sboronismi: Detto di molti che si danno le arie.

(post in progress - ne metterò altre quando mi vengono in mente)

lunedì 23 maggio 2011

Sbottamenti

Vivere stanca, ho letto da qualche parte. Sono rimasta a bocca aperta. Sicuramente è uno scherzo, mi sono detta, e di certo lo era. Ma quella frase mi ha girato in mezzo ai ricci per un pochino. Vivere stanca, ma vuoi mettere?, mi sono detta da sola. E' una reazione incondizionata la mia quando leggo frasi del genere.
Non ce la posso fare, sbotto.
Come l'umarell davanti al cantiere che sa sempre tutto più dell'operaio specializzato. Rido per il paragone, ma rende e ringrazio l'amico Lele per la suggestione. Un tempo, direi decadi fa,  mi piaceva un sacco un tipo che mi diceva sempre che lui non viveva, ma sopravviveva. Ma quando stava con me viveva, diceva. A me restava il dubbio che uno che sopravvive poi fatica comunque a regalarsi momenti di vita...Vabbè.
Io gli rispondevo sempre: preferisco vivere, piuttosto che sopravvivere. Con te e senza di te.
Perché la prima azione, il vivere, comporta l'essere protagonisti di quello che ci succede. Lo scegliere ma soprattutto affrontare la vita con la giusta predisposizione d'animo. I dispiaceri ci sono, per il resto è meglio praticare la leggerezza. Che non significa non essere pieni.
Ma se vuoi far salire in alto la mongolfiera, butti la zavorra. E' fondamentale.
La seconda, il sopravvivere, presuppone che si resta lì a vedersi scivolare addosso le cose, senza reagire.
E' quel che credo io che non lo so fare. Penso che non ci si prova, si attende gli altri. Non si rischia, non si fa il passo oltre lo steccato, non si butta la zavorra.
Di chi invece pratica l'arte meticolosa della lamentela ho già detto.
Ecco, indiscutibilmente, a me risulta complicato il non reagire. Certo vivere, stanca, ma vuoi mettere la soddisfazione? Il dare, soprattutto. Il poter cambiare e non essere mai uguali a come si pensava di essere fino a pochi giorni prima. Il guardarsi allo specchio e farsi l'occhiolino da soli, perché tutto sommato ci piacciamo così come ci siamo conciati, anche se arruffati,  è un gesto di intesa affascinante.
Io la penso così. Non vuol dire che tutto di me mi piaccia, oggi, anzi sono la persona con cui baruffo con più piacere. Perché c'è quella parte di me che entra in conflitto con l'altra parte di me; quella riflessiva e sensibile se la prende con la barricadera. L'assenza di stimoli, spesso, porta a momenti statici che sembrano non finire mai.
Se si resta vigili, però si riesce a cogliere. La penso così.
Fossimo sempre sorridenti e felici saremmo un branco di ebeti e invece il dubbio va praticato, certo, ma anche un bel attacco di istintività, tutta umori, nervi e sensazioni di pori e di bulbi piliferi che si sollevano, credo valga la pena. Vivere stanca, insomma, ma poi ci si fa un bel bagno e si ricomincia.

( me paro lo splendido e ci sorrido sopra, perché lui in fatto di leggerezza è un professore) :)

sabato 14 maggio 2011

Buonanotte

A far i fighi son bravi tutti. A non azzeccarne una ci vuole del genio :)

Una splendida amicizia




trovato su FF, grazie a quella bella donna della Pimpirulin :)

Ammissioni

C'ho amici che mi chiedono, ultimamente, come si fa a tenere a bada i desideri. Beh, io ci provo a dargli una mano, ma ogni volta poi penso che sono assolutamente la persona meno indicata per tener a bada qualcosa.
Ciao :)

venerdì 6 maggio 2011

Have You Ever Seen The Sun?

A chi soffre di smonamento cronico bisogna dirlo che quella è una brutta bestia, ti si attacca addosso e ti impedisce anche di vedere il sole. Anche a me capita di pensare e deludere e deludermi ma non ne faccio uno sport quotidiano. Capita, poi bisogna scrollarsi il cervello. E guardare fuori dalla finestra.
Come oggi, che era una giornata senza niente di speciale da fare, senza fiumi di felicità da trattenere tra le mani. Una giornata normale, di lavoro, di bollette da pagare. Un giorno che secondo me assomiglia a quello di tanti altri. Eppure c'era una luce prodotta dal sole e un venticello birichino che l'ha resa perfetta.
E in una giornata così, normale, quasi banale verrebbe da dire,  io ho sentito perfettamente che io e pure loro, gli altri, quelli che si liquidano con la gente, potremmo, volendolo, andare a raccogliere margherite nei prati e metterci per ore a fare il gioco dei petali, costruire una montagna di panna e bigné e poi divertirci a soffiare, baciare tutte le donne e gli uomini che vogliamo. E' la potenza del sole, che scioglie il grigiore di un inverno di delusioni e insoddisfazioni. Peccato che tanti non l'hanno manco visto, il sole.  

mercoledì 4 maggio 2011

Pachamama

Ho bisogno di Ande, cavoli.
Sono tre anni che per un motivo o per l'altro, io, non ci vado sulle Ande e insomma mi sa che il subconscio mi sta parlando direttamente in questo periodo. E mi dice fai la valigia e parti. Me tocca aspettare, il lavoro non consente di andar via subito e quindi vabbé me accontento e finisce che ogni sera me le sogno le Ande, solo che sono qua, in terraferma, mica a migliaia di chilometri di distanza. L'altra sera ho sognato che facevo il rito della Pachamama e come l'altra volta, quando l'abbiamo fatto davvero, io ero svenuta perché fumare una sigaretta a 4.200 metri d'altezza, ho imparato, non si fa. No, no, no.
E allora io, come l'altra volta, sono nel sogno svenuta, solo che stavolta la Pachamama viene a svegliarmi e mi dice, oh insemenia, ti dai una mossa?
Parla veneziano la Pachamama. Secondo me è perché vive con me da alcuni anni e allora ha imparato. Secondo me è per quello. E io ho aperto gli occhi e lei mi fa ce l'hai la cocacola? E io sì. Ce l'hai il tabacco. E io sì, guarda sono svenuta perché mi sono fumata una sigaretta. Bea folpa, mi ha detto lei. Hai ragione, le ho detto io. Hai mele, pere, pansetta, bigoi in salsa? ha proseguito lei.
Se vuoi i bigoi li preparo, le ho detto. Bon butta sù, mi fa lei e allora ho cucinato i bigoi per la Pachamama e intanto si parla come due vecchie amiche. Lei è grande, ben più enorme di quella che tengo in corridoio e mi dice che aveva prurito tra le trecce, e allora mentre la cipolla e le acciughe fanno le loro cose, io le sciolgo le trecce, le pettino i capelli e poi mi sono messa a farle la riga in mezzo in testa, col pettine e tiro e più le trecce diventano più lunghe. I suoi capelli mi passano tra i piedi e mi fanno il solletico. E sai come è, tra amiche finisce che ridi e parli degli amori e pure delle cose un pochino zozze e allora mi fa ce l'hai il vino e io ho portato la bottiglia e lei si è messa a bere e a mangiare i bigoi là direttamente dalla pentola . E il buco in terra? le ho chiesto io. Lassa stare, mi fa lei, siediti e mangiamo. E poi ci siamo fatte anche il caffé. E alla fine lei mi fa ce l'hai una sigaretta? E io certo che sì e ce ne siamo accese due. Ma a 4.200 metri d'altezza non si fuma, no no no. Siamo svenute tutte e due.


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