Fatacarabina

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domenica 10 aprile 2011

Pomodori di casa mia

Io oggi sono contenta. Ho preso la cesira e sono andata al parco di San Giuliano in bicicletta ma non per la strada  normale. Sono arrivata fino a casa dei miei, a Campalto, e poi da lì in bicicletta sono arrivata al Passo, dove mio nonno e poi mio padre sono nati, ho gettato lo sguardo verso la laguna,  là in fondo e poi ho svoltato a destra e via diritto a pedalare sullo sterrato, tra i gabbiani e le garzette. A destra il canale, a sinistra la barena. Bonificata e chiusa da una lunga recinzione. I cartelli dicono che non bisogna oltrepassare, che non bisogna raccogliere e mangiare i prodotti della terra, siano anche semplici pomodori.
Ho pedalato e intanto ho cercato la barena, là in fondo, oltre le recinzioni. L'hanno bonificata. C'è un terrapieno e non vedi cosa c'è oltre se non all'inizio della strada dove la barena è libera, coi suoi odori.
La terra bianca è sparita assieme alle cunette e alle pozze d'acqua. Qui da bambini venivamo a correre in bicicletta e guardare i ragazzi più grandi fare motocross sulle " terre bianche". C'era chi si era fatto l'orto e ha mangiato di quei pomodori, si  racconta, grandi come palloni da calcio. C'erano le barche e ci sono ancora lungo il canale, che se le percorri tutto finisci in laguna  fronte Venezia. Io ci andavo, con mio padre, a pescare le cappe. Con gli stivaloni e il rastrello dentro l'acqua, con i piedi che ad ogni passo facevano sciak sciak e ti sentivi imega tra le imeghe.
Poi abbiamo capito perché erano bianche le "terre bianche". E' perché ci hanno scaricato per decenni fosfogessi ma più in là tra le case anche tante altre schifezze.
E abbiamo capito anche perché i pomodori erano grandi come palloni. Ma  intanto in tanti li hanno mangiati. E tanti, adesso, mica ci sono più per ricordare che sapore avevano.
Io oggi ho cercato l'odore del salso e l'ho sentito ancora, là oltre la recinzione sulla strada sterrata ma piana che ci ha portato, senza mai neanche sentire il rumore di una macchina, fin dentro il parco di San Giuliano. Per chi non lo sa era una grande discarica di rifiuti solidi urbani, adesso è un enorme parco di 70 ettari dove se sei bravo riesci a farci stare assieme 1 milione e 400 mila persone contemporaneamente, dicono. Io sono arrivata al parco accaldata ma contenta, che quei 38 ettari di barene dove andavamo da bambini a giocare, in mezzo ai veleni, adesso sono state pure loro bonificati e forse un giorno, spero presto, toglieranno i cartelli e le recinzioni e ci diranno che possiamo tornare a vedere da lì Venezia.
Che chi come me da queste parti ci è nato ha voglia di vederla bene Venezia e di rasserenarsi l'animo  con quella vista. Ma poi ti guardi attorno e lo senti che sei uno destinato a morire incazzato.
E allora capisci che è giusto quel quotidiano vaffanculo, che echeggia cosmico, pensando a quegli scellerati arrivati dopo il Conte, sì quello che ha avuto l'argutissima idea di mettere giusto davanti al posto più bello del mondo un enorme impianto chimico, quello dove un sacco di gente per lavorare si è ammalata di cvm. Perché probabilmente si è ammalato anche chi mangiava i pomodori grossi come palloni nati dai terreni dove, sotto, loro, gli scellerati, buttavano tutti i rifiuti industriali, che costa meno la buchetta dell'invio alla discarica speciale, si sa. E poi li hanno messi sotto le case  popolari, gente che non sa. E poi tanto mica tocchiamo Venezia, siamo al di là del ponte... Le prescrizioni sono come le bonifiche, spazzano via ma l'odore resta.


Vaffanculo.
Col sorriso.
Buona domenica.




2 commenti:

peppermind ha detto...

Sì, ok, tutto si ripiega nella rabbia amara, però ho sentito la tua terra, mentre la raccontavi.

fatacarabina ha detto...

quella terra l'ho mangiata da bimba :D

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