Fatacarabina

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domenica 28 febbraio 2010

L'indio no es tonto

Il terremoto ha colpito il Cile e la costa di Valparaiso e io ripenso alle facce della gente che ho incontrato nei miei viaggi e mi chiedo se stanno bene e mi chiedo come stanno gli amici del Cinzano, il bohemio locale delle mie notti a Valparaiso.
Ci sono posti in cui entri curioso e guardingo e quando te ne vai, dopo aver pagato il conto, e te ne torni a casa, ti accorgi che assieme alla mancia hai lasciato un pezzo di cuore. E quando ripenso al Cile, mi tornano in mente nitidi i colori di Valparaiso, gli odori del porto, quella sensazione di poter camminare e veder Neruda sbucar da un angolo e sorridermi, gli sguardi dei perros da turista, i cani che mi adottano per un giorno e camminano con me su e giù per le scalinate che collegano la città. E i suoni del Cinzano, delle risate e delle facce serie. E mi ritrovo, con la testa, di nuovo lì seduta al tavolo di destra sotto il ventilatore polveroso, davanti al piccolo palco dove si esibiscono le vecchie glorie del tango, primo tra tutti il poderoso Manuel Fuentealba, e rido del suonatore di pianola, che stecca sempre perché guarda l'orologio per paura di perdere l'ultima corsa della teleferica, e mi rivedo cantare tra un piatto di gamberetti all'ajillo e un bicchiere di pisco sour. Cantar alla vita.
Al Cinzano, quando sono entrata la prima volta il cameriere mi ha indicato una tettuta signora francese, facendomi intendere che prima o poi l'avrebbe portata a far due passi nel vicolo buio.
L'indio no es tonto, mi disse ridendo. E' vero.
Ne sono uscita per l'addio prima della partenza, due giorni dopo, ubriacata di musica, e di abbracci con altri avventori: due sorelle cilene che vollero per due volte risentirci cantare El Pope, tipico canto veneziano, imparando in fretta la mossa che simula la vogata veneziana, ed erano convinte che il mio amico era un celebre cantante di quelli in gara a Vina del Mar.
E poi il regista cileno che per baciarci prima toglieva la dentiera e il suo amico che ce l'aveva con noi italiani perché non eravamo capaci di ribellarci allo strapotere del B. E poi il silenzio quando intonammo el Pueblo unido jamas sera vencido e il sobbalzo per il rumore delle saracinesce del bar abbassate di corsa dai camerieri. Perché è meglio che in strada non si sentano certe canzoni, che
ti tiran fuori il dolore del ricordo, quel dolore privato, che ti è compagno quotidiano e che oggi sta dentro un tango.

2 commenti:

vix ha detto...

tanti belli squarci di vita e di mondo. gracias.

Gibilix ha detto...

Amo, Valparaíso, cuanto encierras,
y cuanto irradias, novia del océano,
hasta más lejos de tu nimbo sordo.
Amo la luz violeta con que acudes
al marinero en la noche del mar,
y entonces eres -rosa de azahares-
luminosa y desnuda, fuego y niebla.
Que nadie venga con un martillo turbio
a golpear lo que amo, a defenderte:
nadie sino mi ser por tus secretos:
nadie sino mi voz por tus abiertas
hileras de rocío, por tus escalones
en donde la maternidad salobre
del mar te besa, nadie sino mis labios
en tu corona fría de sirena,
elevada en el aire de la altura,
oceánico amor, Valparaíso,
reina de todas las costas del mundo,
verdadera central de olas y barcos,
eres en mí como la luna o como
la dirección del aire en la arboleda.
Amo tus criminales callejones,
tu luna de puñal sobre los cerros,
y entre tus plazas la marinería
revistiendo de azul la primavera.

Que se entienda, te pido, puerto mío,
que yo tengo derecho
a escribirte lo bueno y lo malvado
y soy como las lámparas amargas
cuando iluminan las botellas rotas.

(P.Neruda)

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