Fatacarabina

Fatacarabina

venerdì 30 ottobre 2009

Bisogno

Io tante cose le dico di getto, quando mi piace quel che sento e che provo.
Mi viene da dirlo di getto e a ripetizione, ad esempio, se qualcuno mi piace.
Mi piace dire quanto mi piace qualcuno che sto imparando a conoscere e se poi trovo che quel qualcuno è pure capace di stupirmi, ecco allora che le parole stupite mi escono a raffica, come una tarantella pazza, e le pronuncio a ripetizione. Come da bambini quando ti attaccavi alla gonna di mamma urlando: "Giostra, giostra!!!".
E' che io dalla giostra non scenderei mai.
Ma c'è una cosa che fatico a dire ed è il bisogno, quello che ti blocca l'intestino e ti fa sentir freddo alle ossa.
Talvolta, quando incontro qualcuno che Mi piace e che Mi stupisce e che odora di buono, scatta il bisogno. Di tornar sulla giostra e di girare così forte, che il mondo attorno cambia prospettiva.
E io quel bisogno non sono capace di dirlo, veloce e ripetuto, come una tarantella. Finisce che incespico.

Io me la ricordo bene

E' sempre stata lei a chiamarmi, lo faceva ogni tanto. Passavano anche mesi senza sentirla, poi, una sera, suonava il cellulare ed era lei. "Ciao, sono appena uscita dall'ospedale", mi ha detto l'ultima volta. E mi ha raccontato delle botte che aveva preso da un cliente, che l'aveva rapinata. E aveva calcato la mano sulla sua faccia, con una rabbia che mi disse, la lasciò, dolorante e sconvolta. Probabilmente se ne è andata, sono andata un paio di volte a vedere dove lavora di solito e non l'ho più vista. Era bionda, alta, muscolosa, con una quinta di seno a cui mancava solo la parola per essere un essere con vita propria. Portava tacchi alti, gonne al ginocchio strettissime e pellicce vistose, di quelle che a me fan venir la desolazione della vista di un cimitero.
La prima volta che è venuta a trovarmi era preoccupata per una collega. Arrivò in taxi con una amica, lei biondissima, l'altra mora. Due superdonne.
I modi gentili, la voce con la cadenza brasiliana, gli occhiali neri firmati, il completo elegante e quelle pellicce lunghe fino ai piedi. Io le ascoltai, presi appunti, feci quello che dovevo fare. Ma i miei occhi curiosi cadevano sui movimenti gentili delle mani, sui piedi ben calzati e ben posizionati a terra, sulle unghie perfettamente laccate, sul trucco eccessivo e sul pomo di Adamo che andava su e giù e che difficilmente non si poteva non notare, tra donne sedute a chiacchierare. I miei colleghi invece sbavavano dal vetro retrostante e ci scappò qualche commento grossolano a volume zero.
Un paio di giorni dopo quell'incontro mi chiamò e lo fece per anni, poi. Ogni tanto. Chiamava per raccontare degli sviluppi di quella storia, ma anche per raccontare delle colleghe picchiate dagli albanesi o delle risse di strada e di quello strano cliente, che aveva il vizietto di drogarle e di consumare poi per un paio di giorni, a gratis, approfittando del loro torpore indotto. Mi diceva sempre: "Non venire a trovarmi, che la strada fa paura. Se arrivi squilla e io mi faccio trovare più lontano che andiamo a berci un caffè". Di clienti ne aveva tanti, mi raccontava. A bere il caffè non ci sono andata, temevo di metterla nei casini sul posto di lavoro.
Ogni volta la telefonata era uno sfogo, che poi finiva con la sua voce quieta che mi chiedeva "Come stai? Li curi bene i tuoi bei capelli?". E più di qualche volta siamo finite a conversare del più e del meno, come due amiche qualunque. In un posto qualunque. Senza transazioni.

lunedì 26 ottobre 2009

Peter Parker mi fa una pippa

Fatacarabina esiste davvero, non è una disconnessione mentale, non è manco una scissione della personalità. Fatacarabina nella vita di tutti i giorni, si chiama Mitia. Di cognome fa Chiarin, che in veneziano si dice Ciarin. E l'esser in ciari, in veneziano, significa esser alticci.

La Mitia, ovvero la fata o fatacarabina, fate voi, fa tutti i giorni, spera con onestà, un lavoro. Come tutti.
Nel suo caso, è il giornalismo. Ha cominciato per caso a 17 anni, ed è arrivata a camparci fin quasi ai 40 che scoccano il prossimo anno. Visto che deve arrivare alla pensione, continuerà a lungo, pensa, a far questo mestiere.
Con questo ci campa, ovvero si paga le bollette di casa, si paga i debiti , si mantiene e sopravvive.
Per vivere però Mitia ha bisogno di altro. Ha sempre avuto bisogno di altro.
Di comunicare, essenzialmente. E di raccontare.

Ecco, adesso smetto la terza persona, così fastidiosa. E continuo con la prima... consentitemelo.
Ho sempre scritto. Un volta lo facevo sul diario segreto, poi sulla moleskine, poi sui file salvati in .doc. Poi, un giorno, mi sono accorta di internet e ho aperto un blog su splinder, che non se lo leggeva nessuno, tranne pochissimi, che ci sono ancora oggi. E poi sono passata a blogger e poi...è arrivato friendfeed, grazie ad Andrea Buoso, e la condivisione di parole e contenuti con tanti sconosciuti che oggi, in parte, sconosciuti non sono più. Mi serviva un nome.
Era Remedios poi è virato in Fatacarabina.
Sempre Mitia è alla fine.
Questo volevo dirvi, che Peter Parker a me mi fa una pippa.
E io lo frego, perché se lui non dice di essere l'uomo ragno, io lo dico che sono la Fatacarabina.
Anche se poi in giro, dico, che non voglio nomi, grazie. Non per vergogna, ma perché io ancora oggi mi stupisco, di tutto, e voglio stupirmi tutti i giorni e sentirmi libera di dire e inventare. Di chiedere agli amici di aiutarmi a provare a fare una cosa assieme, o di chiudermi una sera sola in casa a scrivere una storia.
Che le storie son quella cosa che ci unisce a me e a te che mi leggi.
Tutto qua.

anche io persona orribile

allora io oggi mi sono svegliata con la voglia di una sola cosa.
Che questa settimana non posso fare.
La dieta della mia vita, questa settimana, prevede cibi senza sapore eccessivo, acqua , poco zucchero e niente cioccolato fondente. E stavolta mi pesa, perché quando ti abitui al fondente, è difficile pensare di star senza una settimana. Almeno per me che sono notoriamente golosa, e ho i segni sul corpo, della mia golosità. Chi mi conosce sa che sono una curva, mi piaccio così, in media quasi tutti i giorni. Una volta ero molto più rotonda, oggi diciamo che sono ovoidale. Sempre curva sono alla fine.
Da piccola, mi difendevo dalle sgridate di mia madre per le mie quotidiane marachelle, mettendo il muso, facendo spuntare due lacrime ai bordi degli occhi, e con la faccia più pentita possibile, andavo da lei e le dicevo: "Ti perdono".
Adesso che so che per tutta la settimana dovrò solo sognarmelo il fondente e tutto quello che scatena dentro di me, ho aperto il cassetto, ho tirato fuori la stecchetta della cioccolateria artigianale e l'ho aperta. Ne ho preso un quadratino, uno , e l'ho messo in bocca. E mi sono ritrovata con il cervello da tutt'altra parte. Il tempo di sentirlo sciogliere in bocca e sentire tutte le terminazioni del mio corpo reagire assieme.
Una scarica così non puoi non averla, almeno una volta la settimana.
Adesso lo chiamo il dietologo e gli dico: "Ti perdono". Ma senza lacrime, che sono cresciuta, come persona orribile

sabato 24 ottobre 2009

Not in my bed

"Non nel mio letto". Penso questo quando la religione nel mio paese cerca di dettare comportamenti e condotte della sessualità dei cittadini. Dall'aborto alla scelta del partner.
Dopo questa giornata, penso lo stesso anche della politica.
So che questa mi tirerà addosso qualche buuu di dissenso , ma non importa.
Non credo che la mia opinione su qualcuno cambi a seconda di chi sceglie di portarsi a letto.
Conta invece un principio di fondo. L'onestà.
Se un politico dice il falso, mi arrabbio. Chi si porta a letto, non è motivo per me di incazzatura.
E' invece l'ipocrisia del dover nascondere per passare per una cosidetta "persona per bene" a rendere fastidioso il tutto.
Se un politico è onesto e non pensa solo al suo interesse personale, in termini economici e di potere, ma davvero svolge il ruolo per cui è stato eletto, perché dovrei considerarlo un "poco di buono" se preferisce baciare un uomo o un transgender e non una donna?
In un paese dove se due uomini si baciano oggi scatta il linciaggio, non è facile ammettere i propri gusti sessuali.
Invece dovrebbe essere normale, visto che la sessualità è tra le massime espressioni della nostra personalità.

giovedì 22 ottobre 2009

La strategia

« Fascisti non si diventa, ma si nasce; il fascismo è insito nel DNA »
(Carlo Tassi)

Mi sono fatta una idea, che è tutta strategia. Studiata molto bene e che bene sta funzionando. Così bene che pare tutto normale. Normalissimo.
Parto dalla fine: Facebook e il gruppo per il quale il governo si mobilita chiedendone la chiusura con tanto di annuncio di denuncia a tutti i partecipanti. Riprendo da Repubblica: Maroni parla di "apologia di reato" e di un "problema di cultura". Una strada pericolosa, soprattutto "se passa il concetto che uno può scrivere impunemente queste cose".
Per me questi gruppi sono delle enormi cretinate, lo chiarisco subito, ma non credo neanche che questo sia oggi il problema principale del nostro paese. Temo invece che questo servirà a gettare una luce negativa sul mondo di internet, perché chi lo vive da fuori, è abituato a far due più due. E quindi se Facebook è covo di potenziali istigatori di assassini, lo diventa, agli occhi di chi poco sa e lo sa male, tutta la Rete. E questo è un modo per screditare un luogo, la Rete, appunto, dove c'è, ancora, libertà di pensiero.
Poi c'è il problema dei problemi, il controllo dei mezzi di informazione. Da una parte la Rai, che è terreno di conquista dei partiti da decenni, mica da ieri. Dall'altra le reti della famiglia del premier che arrivano a pedinare, cosa mai vista, un giudice che ha emesso una sentenza contraria al gruppo editoriale di riferimento. E' l'atto conseguente ad una campagna che parte da lontano, e non sarò certo io, nel mio piccolo, a doverla ricordare.
Basta che andiate a rileggere qua e poi ditemi se non ci trovate qualcosa di
familiare.
Poi ci sono i respingimenti degli immigrati, in barba ai diritti sanciti per la tutela di quanti fuggono da guerre e da persecuzioni politiche, in una società che ha un forte bisogno di manovalanza dall'estero. Ma c'è l'ipocrisia della sanatoria per le utili badanti e gli altri, si arrangino.
Ci sono i tentativi ben riusciti di distruggere l'unione sindacale. C'è una opposizione che pare stanca in partenza, si getta al centro a caccia di voti, e trova più facile indossare un paio di calzini che tornare davvero a parlare tra la gente, non alla gente.
Ci sono i tentativi in costante agguato di modificare le leggi sull'aborto. C'è il no alla libera scelta su una morte decente e dignitosa. C'è la legge contro l'omofobia che annega in Parlamento mentre fuori tornano i picchiatori, finalmente sdoganati. C'è la crisi economica, quale condizione migliore, e ci sono famiglie che non ce la fanno a campare con uno stipendio per quattro settimane e vanno dai sacerdoti a chiedere i pacchi di sostentamento assieme a tanti immigrati, ma la solidarietà non è fatto nazionale ma privato.
E se qui, dove abito io, i conflitti non sono esplosi, non sono tanto orba da non vedere che altrove ci sono.
C'è un problema morale della politica, che condannata la prima Repubblica, mi sa che fa peggio.
C'è Prodi che ricordava, mesi fa, come l'Europa stia andando a destra e mica tante risposte decenti le ho sentite...


Nel 1919 nasceva il fascismo in Italia e un signore come Benito Mussolini disse, tra le tante cose, questa frase: « Noi ci permettiamo di essere aristocratici e democratici, conservatori e progressisti, reazionari e rivoluzionari, legalisti e illegalisti, a seconda delle circostanze di tempo, di luogo e di ambiente. »

Ecco, non è una strategia, questa?

Russamenti ( e siam a 500)

Pensando a certa gente che dorme benissimo, mi sono messa a pensare al fatto che io quando dormo con qualcuno scopro irrimediabilmente che russo. Come dice qualcuno ben più intelligente di me, quando si è da soli, questa scoperta non la si fa mai e si dorme benissimo.
E dopo che lo hai scoperto, la cosa è di un imbarazzante tale, che cerco di non dormire , se posso, e se proprio mi capita di dormire della grossa (e qualcuno dopo il Gazzo camp lo sa bene) poi mi vergogno, al punto che penso che a me non mi sposerà mai nessuno proprio per quel motivo.
E io che volevo per me un destino da sax contralto, finirò con l'invecchiare come un trombone zitello.

Dormi

Io non so come fai a dormire così, con il sorriso sulle labbra, la faccia che si rilassa man mano che passano i minuti e si trasforma in un qualcosa che non so dire. Tu dormi e io no, io dormicchio, io mi muovo, io quando sono ad un passo dall'abbandonarmi completamente, mi sveglio un attimo, perché non ci credo che al mio fianco c'è qualcuno che dorme così, con il sorriso sulle labbra. Che pensavo che un sonno sorridente fosse il massimo e poi ti guardo e non so manco dirlo quanto bello è vederti dormire. E poi, nella penombra, mi vergogno di spiarti e mi giro, dandoti le spalle, e cerco un sonno tutto mio, sereno al par tuo. Ma poi, tu sposti il braccio, cerchi una nuova posizione e io che tradita dall'abbandono, pensavo di esser sola, rinvengo e mi giro e ti rivedo, con quella bocca che mi sorride e resto estasiata nel veder quanta pace hai dentro. Tu.

lunedì 19 ottobre 2009

Meglio se dormo e basta

Ultimamente faccio sogni contorti, strani, arzigogolati. Sogno gente che però non è quella che mi immagino. Cioè hanno tutti atteggiamenti e comportamenti diversi da quelli che mi aspetterei.
Poi la mattina dopo, regolarmente, faccio tabula rasa, non mi ricordo più niente. Salvo, qualche tonalità del sogno sognato, qualche gesto, qualche parola ma dimentico completamente il contesto generale.
Salvo poi ricordarmene all'improvviso quando qualcuno, che è finito involontariamente nel sogno arzigogolato, dice una cosa e io all'improvviso ricordo tutto.
Come ieri sera quando il mio amico birraio ha cominciato a parlare di una traversata a vela verso Capo Nord, che è un suo sogno e io all'improvviso, mentre mangiavo la mia pizza, ho alzato la faccia, l'ho guardato e ho ricordato come in un flash che nel mio sogno aveva la cerata gialla, enorme, con tanto di cappello da capitano Achab sulla pelata e mi infilzava con uno spiedo come fossi Moby Dick in fuga nell'oceano. E io con la mia mole gli speronavo la barca con la coda.
E gli ho fatto involontariamente con il cervello il gesto dell'ombrello, per fargli capire che mai mi avrebbe infilzato con cotanta cattiveria da cacciatore.
Ma lui mi ha guardato strano e non ha capito .

Piccole felicità

Sono felice di abitare in una città dove oggi in tanti con soddisfazione hanno passeggiato in piazza tra i nuovi concittadini, le comunità straniere che si sono mostrate con i loro abiti tradizionali, le musiche, i giochi, i cibi. Tutti assieme in un giorno di festa.
Sono felice di abitare in una città dove non ci sono normali e anormali e si sta fuori la sera, senza paura.
Sono felice di abitare in una città dove i miei amici si accorgono se sotto un porticato, di notte, c'è chi dorme al freddo perché non ha un tetto sotto cui vivere e me lo dice, preoccupato, non per la sua sicurezza ma per la povertà che dilaga.
Sono felice, finché dura, di vivere in un posto dove non abbiamo ancora tutti gli occhi ciechi.
Buonanotte

domenica 18 ottobre 2009

Slow food

Ballavano felici, tutti vestiti bene, come se fosse Capodanno e invece era il 17 ottobre, ma pareva, da quanto erano sorridenti, che fosse l'ultimo dell'anno. Tutti a ballare nel capannone tirato a lustro della fiona. Noi invece eravamo nella stanzina piccola, tutti vicini che faceva anche un pochino di freddo, a mangiar salame cotto, costicine, e le verdure buone dell'orto della fiona. Che quando vai da lei, e mangi le sue verdure, ti riconcili con la terra, che sa ancora di buono. Per davvero.
Noi a cantar " bella ciao", loro a ballare, in tanti, nel capannone.
"Ma che è? Fiona, quella festa di là, che è...E' bello, sono così felici", le ho chiesto.
"E' perché c'è la tv", mi ha risposto lei.
E sono tornata a cantare "bella ciao".

sabato 17 ottobre 2009

Nausea

Ma voi non la sentite nettamente questa sensazione di nausea?
Io sì, bella forte.
E comincio anche un pochino ad aver paura, che qua, nella mia città, il sogno duri poco. ll tempo di un inizio di primavera, per dirla tutta.
Domani c'è la festa dei "Mestrini del mondo", con i nuovi cittadini, gli immigrati stranieri che hanno preso la residenza. Tutti in piazza a farsi conoscere e poi al teatro con il sindaco per una grande festa.
Mi raccontano che qualcosa succede anche qua, di negativo: me lo dicono a voce bassa.
Che al liceo, ci sono ragazzini che indicano i compagni africani con quel "negro di merda", che finora avevo sentito solo allo stadio e mai in quello della mia città.
Far finta di non vedere sarebbe da stupidi, sarebbe come lasciar libero il passo all'intolleranza, quella che parte dalla caccia allo straniero e finisce con la caccia al diverso.
Finora qui si stava bene ma sarà l'andazzo generale, io sento forte la nausea.
Sento parole urlate contro l'apertura di nuove moschee, che poi tali non sono, ma sono luoghi di preghiera. Sento gente che dice che quelli portano via il lavoro ai nostri. Sì, lo dicono anche qui. Sento discutere dei burka e io mi guardo in giro e non ne vedo.
Poi li ritrovo tutti, quelli e questi, a ravanare nel grande frigorifero del centro commerciale, dove si vendono al 50 per cento di sconto, i prodotti di prossima scadenza.
Poi accendo la tv e vedo gente disquisire della passeggiata e del colore dei calzini di un signore, spiato da una telecamera. Lo mostrano come uno stravagante, a me sembra invece uno che è solo.

giovedì 15 ottobre 2009

To do - post scriptum

Ah!!! Dimenticavo...
Siccome sono nella fase che voglio fare tutto quello che volevo fare e non ho fatto,
l'acquisto al primo punto della To do list è stato eseguito. Sul resto, effetti e divertimenti, vedremo!

Ufi!

Oggi mi tocca metterle le calze, che fuori fa freddo.
A me il freddo fa male, mi fa venir voglia di esser coccolata.
(Grrr)
Ma se metto le calze, non c'è la coccola incorporata...che palle!

mercoledì 14 ottobre 2009

To do

1) trovare quella cosa che cerco di comperare online
2) comperarla e provarla quanto prima...che voglio vedere l'effetto che fa
3) divertirmi con l'effetto che fa
4) sperare che non duri poco
5) finire di leggere i sette libri che ho iniziato
6) comperare la crema di nocciole Rigoni
7) sorridere almeno dieci volte al giorno
8) perdere il chilo che ho preso, ma ho delle idee a riguardo divertenti
9) trovare un corso di burlesque e convincere la @sidgi a venirci con me ( ma lei mi trascura, ultimamente)
10) valutare seriamente l'ipotesi dell'adozione di un gatto o in sua vece di un pappagallo
11) varie ed eventuali

lunedì 12 ottobre 2009

E adesso ho mal di pancia

Allora lo scrivo, così me lo ricordo, perché mica so se mi ricapita.
Ieri sera, ore 21, centro culturale Candiani, ero tra gli invitati alla festa dei 15 anni dei corsi di scrittura creativa del circolo Tobagi. Io nel 2010 faccio vent'anni di lavoro e loro, quelli del Tobagi, li ho sempre seguiti, ne ho sempre parlato.
E la Tiziana, che è amica mia, mi ha detto vieni e parla di te, fai outing.
E io mi sono ritrovata in un contesto bellissimo, che mica avevo capito che era così bello. C'era il palco illuminato e la platea al buio, ci saran state 50 persone, e noi dovevamo salire e parlare. C'erano Gianfranco Bettin, Tiziano Scarpa, Giulio Mozzi, Gian Mario Villalta, Roberto Ferrucci. E tra i tanti altri, io.
Volevo parlare di giornalismo e mondo dei blog. Che da me ci si aspetta che parli del primo e mica tanto del secondo.
Invece all'improvviso, al buio, seduta a fianco di Gigi Gardenal, grande artista e mio concittadino, mi sono detta: no, tu vai e leggi.
E quando è stato il mio turno sono salita sul palchetto, era buio verso la platea, e ho letto La volta che la Marisa cadde di culo.
"Io non ho un libro, ma ho un blog", ho detto per presentarmi.
E poi ho cominciato, con una voce che manco so io, che ero piena di emozione. Ma l'ho letto fino in fondo, come se fossi in trance e loro in platea, ridevano piano ai punti giusti, e poi mi hanno pure fatto un piccolo applauso. Poi sono tornata a sedermi al buio, e Bettin, che mi conosce da anni, mi ha stretto forte la mano.
E Gigi al buio mi ha chiesto se la Marisa, cadendo, si era fatta male forte o no. Che voleva sapere.
Poi quando è finito tutto, sono andata a salutare la Tiziana, e son scappata via, col mal di pancia.
Tutta colpa del mio primo, e probabilmente ultimo, reading.

Astinenza

Esiste una cura per l'astinenza? No, perché c'ho un problemino, che è bellissimo, se ci penso. L'ho capito stamattina.
Ho aperto la finestra del terrazzo e ho preparato il caffè, e attorno a me c'era pace da cuccia, ma con una specie di sbavatura.
Che succede?, mi sono chiesta.
Perché ho assaggiato la pace dei baci e non è la stessa cosa, mi ha detto la pancia.
Poi sono andata davanti allo specchio e mi sono accorta che le mie labbra non erano rosee come le ho sempre viste; erano pallide, come quando c'è tanto freddo.
Ok, sta arrivando il freddo. Ma io so quanto un bacio scalda, mi ha detto la pancia.
Mi sono messa addosso la coperta di pile, ma restano pallide.
E ho capito che c'ho l'astinenza.

A cena col coso

Allora ieri sera, domenica, sono andata a cena con gli amici e siamo andati a farci pelare il portafoglio al giapponese, tra sorrisi grandiosi e sushi.
Uno dei miei amici, il mio più caro amico, quello che posso chiamare a qualsiasi ora chiedendo le cose più strane, beh, si è comperato l'iphono. E ieri sera, per certo, io ho passato la serata non con il mio amico più caro, ma con quel coso, che fa un sacco di cose. C'è l'altimetro e infatti abbiamo visto che siamo a quota zero sul livello del mare, abbiamo visto il percorso dell'aereo per Buenos Aires, ma a bordo mica c'eravamo noi.
Ha l'etilometro, il giochino che fai finta che sei ubriaco e devi centrare la tazza del water facendo la pipì. Fondamentale.
Ha un sacco di programmi per le foto ma non ne abbiamo fatta manco una. Quel coso fa un sacco di cose ed era sempre tra noi, a tavola, in mezzo al sushi e poi al bar, per il dopo cena. Alla fine, visto che praticamente ho cenato con lui, gli ho offerto una grappa, ma lui mica ha gradito tanto e ha preferito una birra.

domenica 11 ottobre 2009

Conejo per la vita

Ieri sera sono stata a cena con gente strana: una che parlava come una mitraglia, una che ha gli occhi che ti sfondano, un'altra che emana luce in silenzio. Nella sezione testosterone c'era uno che pare un figo della madonna e poi scopri che adora la Coop e Ptwg, uno che si rifiuta di vendere mutande alle amiche, uno che pensa accentato e un tipo che emana luce quando apre bocca.
Si è parlato di cose stranissime: dalla randa alla poppa, dall'horror vacui al pearl qualcosa associato ad un conejo per la vita.
Poi ad un certo punto uno ha detto: e la canasta?
Insomma mi si è aperta la mente.

sabato 10 ottobre 2009

Loro sono saggi

Io amo i miei capelli, loro sono forti e orgogliosi di attorcigliarsi come vogliono, non han paura di mostrarsi, anzi a loro piace. I miei capelli, a volte, arrivano prima di me, quando camminiamo assieme. Hanno vita propria i miei capelli, mi dicono se sarà un giorno positivo o no. I miei capelli a volte non se la prendono se io non li pettino. Se fuori c'è vento a loro piace essere scapigliati e mai in ordine. Sono così, si piacciono così, i miei capelli. E se non c'è vento, si scapigliano da soli. Ci infilo sempre le mani ed è come entrare in un territorio inesplorato. Io li amo, perché sanno essere se stessi sempre, senza paura o timore, senza vergogna soprattutto. Sono belli i miei capelli. Io tengo come una reliquia, dento una scatolina di pezza, il primo ricciolo che mi è spuntato in testa, i primi capelli veri, forti, resistenti. Non la peluria da neonata, quelli sono il primo capello vero che all'improvviso ha virato dal biondo tedesco al castano, misto al rosso, che è il mio colore. Oggi.
Ogni tanto apro la scatolina, tiro fuori il ricciolo bambino e lo paragono con quelli di oggi, che sono più lunghi e cresciuti. Riconosco la parentela e sorrido. Alcuni dei capelli che mi accompagnano oggi sono bianchi, li nascondo se posso, perché un capello bianco è più saggio di me.
E io un pochino mi vergogno.

venerdì 9 ottobre 2009

Coincidenze

Ero in macchina prima, guidavo verso l'ufficio dopo il passaggio obbligato per la tosatura dei peli superflui, e ad un certo punto, sarà stata colpa di tutto questo grigio che c'è oggi nel cielo, sarà che avrei tante voglie ma restano lì come un carico sospeso, mi sono sentita sola.
Poi sono arrivata in ufficio, ho acceso il pc, ho guardato le mail di lavoro, che tra poco devo uscire, e sono passata su FF e c'era una amica che diceva "oggi ci ho che mi sento sola".
E ho dovuto controllare bene, perché mi sembrava di averlo scritto io. E invece no.

mercoledì 7 ottobre 2009

Opera n. 1845 meno 45

Mille e novantacinque più settecentoecinquanta.
Allora, cinque più zero, cinque.
Nove più cinque, fa quattordici.
Allora segno quattro e riporto uno.
Sette più zero, sette più uno che riporto da prima fa otto.
Uno delle migliaia, è un migliaio.
Allora mille e novantacinque più settecentocinquanta fa milleottocentoequarantacinque.
Ah, attenzione ma visto che, colpa della dislessia, la base di partenza
non era settecentocinquanta ma settecentoecinque
facciamo meno quarantacinque
così il risultato finale è un bel milleottocento

Ps1:indecorosamente copiata l'idea da le Opere di Learco Pignagnoli
Ps2:grazie a tutti quelli che hanno votato ai Blogstar Awards per il collettivo voci e le storie di Mitia
Ps3 ultim'ora bisogna togliere 45 perché la dislessia mi ha tradito, ho sistemato scusatemi :D

Articolo 3

La legge è uguale per tutti

Costituzione italiana

(copio con piacere dall'amico Gilgamesh)

Come stai?

Come sto? Me lo chiedevo bevendo il primo caffè della giornata. Fuori, c'è una nebbia pazzesca e mi tocca tener chiusa la finestra del terrazzo, sennò il grigio vuole entrare. Io non ho voglia di grigio, ho voglia di colore, oggi. E se tengo la finestra chiusa, quello che c'è fuori non si vede. Poi ci penso meglio, è sbagliato, sarebbe come negare l'evidenza e rifugiarmi in un sogno. Colorato e senza nebbia.
E allora la apro la finestra, così entra anche l'aria frizzantina, e lascio che il grigio della nebbia si mescoli con i colori della mia casa. Che è incasinata e rappezzata, come la mia vita. E mi vien da riderci su.
Ho porte e finestre gialle, vecchie, dovrei sistemarle ma quel giallo mica lo ritroverei. Ci sono io in un quadro, e mi saluto tutte le mattine, rossa e arancione come il fuoco. Ci sono i vasi delle mie piante grasse, che virano dall'arancio al paglierino e al verde. C'è il mio bagno tutto verde, compresi i mobili, perché costavano poco e io quando ho messo su casa non avevo tanti soldi.
C'è il letto bianco e color ecru, grande, con il copriletto rosso fuoco, perché è dove ci dormo io.
Ci sono cose ovunque, libri ovunque, carte ovunque.
Ci sono scarpe ovunque.
C'è l'enorme kimono nero e bianco che è la mia coperta di Linus.
Non ho pezzi di design, ci ho messo dentro solo quello che mi serve e mi piace.
C'è il divano vecchio di pelle, il maschio di casa, davanti alla tv grigia ( guarda caso) che resta sempre più spesso spenta.
Ci sono i ninnoli scacciasfiga appesi alla porta di casa, la civetta ricavata da un pezzo di cocco, la bambolina di Humahuaca. C'è la scatola del mate di coca, viola e gialla e l'enorme maschera africana comprata in un mercato. C'è pure lo specchio a forma di sole, color dell'oro. C'è la Mano de dios, con le sue lunghe foglie verdi e sode.
Mi perdo in questi colori, e il grigio della nebbia, deforma poco, alla fine, la percezione di quel che vedo.
E sorrido perché lo vedo, nebbia a parte, che io qui sto bene.

martedì 6 ottobre 2009

Tocca ferro

Me ne sono andata a passeggiare a Venezia, che era un pochino che non ci andavo, e oggi, con tutta la gnagnera che mi portavo addosso e la sensazione, evidente, di essere solo un grande ormone in movimento, sono salita sul bus e sono andata a passeggiare. A Venezia c'era mia sorella. E sono finita con lei a vedere una mostra di Totem cinesi, quadri coloratissimi dedicati alla cultura cinese, e c'era anche un enorme Buddha sdraiato che bisognava toccare, ha detto la signorina dell'accoglienza, perché porta fortuna. Ma non sulla testa, ha detto. E allora mi sono messa a stringergli la mano, il mio dito stava nell'incavo della sua mano chiusa perfettamente e ci stava tranquillo. Poi c'era una enorme statua di acciaio, con due palle. Una in basso e l'altra in alto, la terra e il sole, mi hanno spiegato, e in mezzo una curva ad S che simboleggia il dragone, me lo ha detto sempre la signorina di prima . E c'erano una serie di palle incastrate sulla S di acciaio, disposte secondo un calcolo numerico che era riportato su un diagramma alla base della statua con al centro il numero 5, e che mi hanno spiegato, è la base da cui hanno inventato il Sudoku ed è pure il diagramma numerico che sta a significare il Dna, ovvero l'origine della vita. E io ero lì a toccare la statua, che sempre la signorina, diceva che emana energia e che quindi fa bene toccarla e che toccandola si sta bene e si è pieni di vitalità nei punti giusti, quelli che migliorano la vita. E toccavo e mi stupivo perché io tutta quella simbologia mica l'avevo capita alla prima toccata, senza la spiegazione.
Poi siamo uscite, e a mia sorella è squillato il cellulare ( il suo squilla, il mio suona).
E ha raccontato della mostra.
"Gavemo tocà bae ma anca fero", ha detto.
Insomma, mezz'ora e non aveva capito niente.
E io invece ho capito tutto!!
Sono tornata a casa come un grande ormone in movimento, ma pieno di energia.

lunedì 5 ottobre 2009

Sfogo

Se mai prendessi un giorno un colpo in testa e diventassi così una brutta persona, da guardare il mondo attorno a me con la puzza sotto il naso; al punto da sentirmi infastidita sentendo tutti gli odori e i sapori perché sanno di umanità e l'umanità mi facesse così schifo perché non esisto solo io e quei quattro che ritengo superiori, e mi ritrovassi a calcolare la qualità altrui dalla taglia e dalla marca... fatemi un favore grandioso: sparatemi alla nuca con una pistola calibro 7.65.

domenica 4 ottobre 2009

Banale

Ho passato una vita a tentar di essere speciale, per la mia famiglia che mi considerava sempre la pecora sbagliata, nera a sufficienza, per gli amici, per gli amori, a cui pareva di dover dimostrare chissà che...e ora...
ora sto così bene nel mio esser banale, normale, uguale a centinaia di altre donne e persone, ad esser confusa e instabile, che tiro un respiro di sollievo grande come un Aconcagua.

Mi fai del bene

Dovrei aver coraggio e dirtelo che avrei bisogno del tuo abbraccio, ora, adesso, per non aver paura.
Dovrei aver coraggio e dirlo che avrei voglia di perdermi tra le tue braccia, perché quello è il porto sicuro dove vorrei tornare, ogni volta che sono stanca di viaggiare.
Dovrei aver coraggio di dirlo che quando ci sei, mi fai del bene. In silenzio.

sabato 3 ottobre 2009

Progressi

Allora, si fanno progressi. E questo significa come penso io, che tutto è sempre in movimento e che la sfiga è dietro l'angolo ma mica è perenne.
Il Learco Pignagnoli è saltato fuori, finalmente. Ci sono voluti 8 minuti per trovarlo. Era praticamente in vetrina...
L'altro libro, ordinato, invece, mi dice ( è la trilogia di K) arriverà mercoledì. Non resta che sperare, intanto mi sono portata a casa anche l'ultimo di Carlotto. Che sarà dal mio libraio ai primi di novembre. In carne ed ossa.

Botanica

Ho piantato i bulbi di tulipano, li ho messi in un bel vaso in terrazzino, sotto uno strato di terra mescolata a fondi di caffè. E adesso aspetto...
La mano de Dios mi ha guardato in tralice, mi sa che è gelosa. Sono andata a coccolarla e le ho parlato con gentilezza, spiegandole che lei resta tra le mie preferite.
Ha fatto finta di capire, ma lei è una testa dura.
Arturo sta benissimo, sulla libreria, accanto ai palloni da basket. Da lì può guardare tranquillamente che succede oltre la finestra, gli è anche spuntata a fianco una piantina che a guardarla sembra grano. Bah, vedremo che succede.
Ida e Pina, assieme all'Adele, vogliono restare ancora in terrazzo.
Truciola invece continua ad attorcigliarsi, è una assolutamente incasinata. Ricorda me...E allora la lascio fuori con le altre.
Anche se il freddino sta arrivando.

venerdì 2 ottobre 2009

Ho sonno

Uno scoiattolo passeggia nel bosco, all'improvviso si trova davanti un ranocchio con gli occhi gonfi.
"Ma che ti sei fumato?", gli dice.
"Crack".
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