Fatacarabina

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giovedì 31 luglio 2008

Il cervello

Leggetevi l'intervista a Mortellini su TuttoScienze-La Stampa
"Il cervello fa sempre lo sgambetto".
Perfetto, dopo i miei bilanci personali

Tempo di bilanci

Chi mi conosce non faticherà a capire il perchè: ma oggi, se penso a domani, mi accorgo che è tempo di bilanci.
E' tempo di tirar i remi in barca e guardarsi attorno.
E la sensazione più bella che porto di quest'anno al personale, è la ritrovata voglia di scrivere per il gusto di comunicare: le poesie e i racconti finora nascosti a tutti un pò alla volta stanno uscendo allo scoperto, diventano una importante forma di comunicazione tra me e gli altri.
E su questa strada ho intenzione di proseguire ancora, perchè senza fantasia e comunicazione non si va da nessuna parte.
Non che io sappia comunque oggi dove voglio andare davvero: penso al mio futuro e mi auguro di essere anzitutto serena in tutto quello che faccio.
E di non essere anzitutto solo una cosa, ma di aver molto da dare grazie alle mie diverse personalità.
Ho scoperto quest'anno che dai mali dell'essere si può uscire, con fatica certo, ma anche con determinazione. Il percorso è iniziato e non è ancora finito.
Ho scoperto che credevo di essere una anti-conformista ed invece per una fetta del mio mondo sono una pennivendola snob, che ragiona solo di alte questioni e pensa poco alle banalità della vita quotidiana.
Ho scoperto che rivedere chi mi ha fatto tanto soffrire fa male ma se ti sei curato le ferite in assoluta solitudine, diventi forte al punto che puoi far tranquillamente finta di non sentire quel dolore che torna come una staffilata, tra il polmone e la pancia.
Ho scoperto che ho amici che mi adorano davvero e che per me si butterebbero nel fuoco.
Ho scoperto cervelli che sono assolutamente dissonanti dal mio ed altri con i quali spero di fare un lungo percorso di conoscenza e divertimento.
Ho scoperto che ho bisogno di condividere con gli altri quello che sono diventata oggi.
Ho scoperto che sono sola, ma che soltanto amandomi, non soffrirò mai di solitudine.
Ho scoperto che una famiglia, anche se oramai allargata, ce l'ho ed è un vero rifugio.

Non ho ancora imparato invece a non farmi travolgere dalla passione per gli uomini.
Non ho ancora imparato a fregarmene delle cattiverie altrui e a girare lo sguardo altrove.
Non ho ancora imparato a non incazzarmi davanti alle ingiustizie.

Cosa mi aspetto per domani? Vorrei una sorpresa, inattesa, di quelle che profumano di buono. Vorrei una bella storia d'amore ( e diciamolo su...mica ci si deve vergognare).
Vorrei possedere una sola certezza assoluta. Di quelle da nascondere alla vista degli altri come una perla preziosa.

Ciao

martedì 29 luglio 2008

Arrivano i nostri

Sono in arrivo i militari. Anche a due passi da casa mia, a Padova.
Per garantirci un'estate di sicurezza, il governo mette nelle strade 3 mila militari, invece di investire nelle forze dell'ordine, diciamo a questo punto , tradizionali.
Ma tutta questa insicurezza e paura, dove è?
Non mi pare che oggi, facendo i conti, abbiamo più paura di ieri. E solo che il panorama attorno a noi è decisamente cambiato. Esci di casa la domenica e scopri che la tua città oggi è decisamente multietnica, che per le strade i mestrini non si vedono ( sono tutti al mare?) mentre la città è invasa di facce ed abiti che arrivano da varie parti del mondo. 
Ci sono luoghi, è vero, dove si ritrovano persone che potrebbero delinquere o che commettono reati, ma questo non è sempre successo?
E allora, a cosa serve l'esercito spendendo 100 milioni di euro? Potenziamo invece i servizi che lavorano per l'integrazione di questi nuovi cittadini, lavoriamo per trasformare le forze dell'ordine in professionisti motivati, altamente specializzati. Anche per trasformare in un ricordo le infamie del g8 di Genova.
Poi ascolto il tg e sento che dei tremila soldati inviati nelle città, solo mille lavoreranno al pattugliamento delle città mentre gli altri presidieranno ambasciate, consolati, enti pubblici.
Insomma, ho capito.
E' solo l'ennesima operazione di marketing urbano, una gran bella operazione di immagine.

domenica 20 luglio 2008

Sedici anni, io sto con loro

Quando avevo sedici anni ( oramai più di vent'anni fa) anch'io mi sentivo a volte vuota, come se non sapessi nulla di me e non sapessi cosa far della mia vita. Non sapevo chi ero, cosa volevo. Sapevo però che volevo fortemente vivere la vita, in tutti i suoi aspetti. Provare di tutto.
Ma la droga, allora, mi faceva paura. Incuriosiva certamente per il mistero che portava con sè quella parola, ma anche terrorizzava. Lavorai per una estate in una cooperativa d'amici, in cui erano impiegati anche degli ex tossicodipendenti. Uno di loro, quell'estate, si impiccò nella baracca vicino al campo dove andavamo tutti assieme a raccogliere pomodori.
E poi la vista della siringa che si conficca nel braccio ( era l'estate dopo e muovevo i primi passi da provetta giornalista in una tv privata), il sangue che entra dall'ago e gli occhi di un ragazzo che si perdono nel nulla, sono bastati per impedirmi di provare esperienze con le droge pesanti, quelle che ti possono ammazzare. Per uno sballo, che poi ti lascia comunque con l'amaro in bocca, con il doloroso bisogno di aggrapparsi a quella condizione di fuoriuscita da sè. Per non pensare troppo a sè stessi e a quello che c'è attorno a noi.
Ripenso a tutto questo, mentre le agenzie raccontano il terribile dolore di due genitori che hanno perso una figlia di appena sedici anni, arrivata a Venezia per festeggiare a modo suo il Redentore, e finita morta su un tavolo in attesa dell'autopsia. Una morte orribile per una pasticchetta sciolta nell'acqua per sballarsi. Oggi la droga non fa paura, lo raccontano anche gli psicologi che entrano nelle scuole per incontrare gli adolescenti. Cocaina, eroina da sniffare, pasticche di ecstasy. Utilizzarle non lascia tracce fisiche apparenti, permette di condurre vite socialmente accettabili. Permette di non far notare la scimmia aggrappata alla spalla.
Ma di questo si parla oggi in Italia troppo poco. E soprattutto si deve far di più. Perchè chi ha sedici anni oggi non è meno vuoto di come ero io alla loro età, ma è certamente più fragile. E spesso solo.

venerdì 18 luglio 2008

domenica 6 luglio 2008

Bei posti

Adoro viaggiare, ma poi , alla fine, torno sempre a casa.
Alla mia Mestre.
Una città brutta, diranno alcuni. Il posto dove sono nata e conto di continuare per un po' a vivere, ribatto io , ma anche uno spazio che è in evoluzione continua e che seppur senza vere tracce del suo passato, nasconde dentro di sè delle scintillanti perle.
Che sono fatte anzitutto dalle persone, che animano luoghi e spazi.
C'è un locale, che è tornato a vivere dopo anni di tristezza.
E' il distributore ed è diventato per noi che lo frequentiamo non solo un pub dove andare a dissetarci e rifocillarci ma anche il ritrovo per incontrarci ed incontrare. Non è pubblicità, non me ne frega farla, ma il "distri" è diventato un po' casa mia perchè qui ci si incontra tra amici e si incontrano persone nuove, che finiscono irrimediabilmente coinvolte in discussioni e battute. Ci sono le birre, i panini buoni. Da qualche giorno anche dei libri. Ci sono moto e auto , quarantenni e poco più che ventenni. Ci sono idee.
C'è una libreria, quella di Billi in via Brenta Vecchia, dove trovi dal libro in voga alla piccola perla editoriale, di quelle per appassionati. Una certezza per chi non fa scelte banali.
C'è un centro culturale, il Candiani, che anche se ha una architettura strana, dentro è sempre pieno di iniziative e di idee.
C'è un parco, l'enorme spazio di San Giuliano, nato sopra ad una discarica ed oggi distesa di verde, in crescita seppur lenta, dove è stato meraviglioso sentir suonare i Police.
C'è un ristorantino, i Pirati, dove vale la visita anche solo bere uno spritz sulla verandina da cui intravvedi Venezia e la laguna, a lato del ponte ferroviario.
C'è uno spazio odoroso, la barena che va da San Giuliano, fino a Campalto e passa oltre fino all'aeroporto Marco Polo e via andare, dove è bello correre in bicicletta nel silenzio della natura.
C'è un forte, anzi più d'uno, attorno al centro città. Luoghi un tempo dei militari, ed oggi non ancora davvero dei cittadini.
C'è Marghera, con la città giardino di Emmer che ti nasconde dai fumi e dai capannoni industriali e dove sembra che la morte chimica non possa esser arrivata. Ed invece sbagli perchè qui ha lasciato il segno.
C'è la pista ciclabile di viale San Marco, oggi intervallata ed infastidita dai cantieri del tram ma sempre ombreggiata.
C'è il giardino intitolato, non dalla toponomastica, ma dal sentire comune della gente, al mio adorato nonno.

C'è la mia vita
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